Egregio monsignore,
le scrivo dopo essermi confrontato con le altre vittime savonesi, alla luce del provvedimento emesso dal tribunale, ma anche delle sue dichiarazioni a mezzo stampa, che sinceramente abbiamo poco gradito e nelle quali non appare alcun rammarico per ciò che ha permesso accadesse. Noto che non ha sprecato molte parole nemmeno nei confronti di noi vittime, si definisce “dispiaciuto”, ne parla quasi come se lei fosse estraneo ai fatti, come se tutto quello che è accaduto a Savona quando lei era vescovo, fosse tutto cosi normale.

Sembra quasi voglia ignorare anche ciò che il giudice mette nero su bianco nelle 6 pagine di provvedimento. Sull’esito delle indagini scrive “alla luce di tutti gli elementi non vi è dubbio che il LAFRANCONI fosse a conoscenza delle gravi condotte addebitate al GIRAUDO” continua dicendo “si guardò bene dall’assumere qualsivoglia iniziativa volta ad evitare che questi continuasse nelle sue esecrabili condotte, addirittura consentendogli di gestire una comunità per minori con difficoltà famigliari (e, per ciò stesso, particolarmente fragili e privi di protezione)”.

Nella nota conclusiva il giudice chiude dicendo “Da tali documenti, perfettamente in linea con l’atteggiamento assolutamente omissivo del LAFRANCONI risulta –è triste dirlo- come la sola preoccupazione dei vertici della curia fosse quella di salvaguardare l’immagine della Diocesi piuttosto che la salute fisica e psichica dei minori che erano affidati ai sacerdoti della medesima, e come principalmente (per non dire unicamente) per tale ragione l’allora Vescovo di Savona non avesse esercitato il suo potere-dovere di controllo sui sacerdoti e di protezione dei fedeli.Altrettanto triste è osservare come, a fronte della preoccupazione per la “fragilità” e la “solitudine” del GIRAUDO e il sollievo per il fatto che “nulla è trapelato sui giornali”, nessuna espressione di rammarico risulta dai documenti agli atti a favore degli innocenti fanciulli affidati alle cure del sacerdote e rimasti vittime delle sue “attenzioni”.

Doveroso ricordare che erano due le comunità lager che lei lascio aprire a due persone le cui devianze erano ben note dai vertici del clero, di Giraudo la chiesa savonese ne era già al corrente dal 1980, 10 anni prima che lei venisse a Savona. Leggere ora “premesso che nessun processo e stato aperto ne celebrato” affermando ancora che “non e nostro intendimento discutere fatti e circostanze mai affrontati in un tribunale” suona molto ipocrita monsignore. Sembra non rendersi conto che anche a Cremona sono affidati sotto la sua tutela i minori, di tutte le parrocchie della Diocesi, minori di cui è responsabile, non solo moralmente e spiritualmente. Il fatto che esponga in modo così disonesto quello di cui si è reso complice  non fa presagire che il suo modo di fare sia cambiato, affronta la situazione quasi come se fosse la vicenda savonese ad infastidirla, vittime comprese, ponendosi da un pulpito di superiorità e dimostrando la più totale assenza di senso di responsabilità, che invece sarebbe normale avere.

Dal 2008 ho personalmente e più volte cercato di contattarla, ma non ha mai risposto, persino il suo “dispiacere” sembra apparire per pura forma nel comunicato della Diocesi. A Savona non solo le vittime la accusano di aver saputo e di avere volontariamente taciuto e coperto le perversioni dei due sacerdoti, oltre allo stesso GIRAUDO, altri tre sacerdoti savonesi, Rebagliati, Bof e Lupino, anche la magistratura è di questa opinione. Se devo essere onesto, trovo gravi ed irriverenti anche le sue dichiarazioni nei confronti della magistratura savonese, sostiene di non aver potuto difendersi, di non aver potuto partecipare al contraddittorio, sembra quasi accusare la procura di una disparità di trattamento a suo danno.

Non si pianga addosso monsignore, lei ha rinunciato volontariamente ad un suo diritto, non si è neppure presentato in aula, nessuno le ha impedito di difendersi. Sono certo che il suo avvocato l’avrà informata del fatto che lei in qualità di imputato avrebbe potuto chiedere, direttamente o tramite lui, al giudice di procedere in giudizio. E’ una prassi comunemente adottata quando l’imputato e innocente e vuole giungere ad una piena assoluzione. Le resta ancora la possibilità di rivolgersi ad un tribunale ecclesiastico, sottoponendo il suo caso, un gesto dovuto a nostro avviso, in quanto lei riveste oltre alla carica e alle responsabilità di Vescovo anche una funzione nella CEI.

Riteniamo a fronte delle sue dichiarazioni ci siano dovute delle scuse ufficiali e una ormai palese ammissione di responsabilità in quello che ha permesso accadesse a Savona.  Un gesto doveroso anche nei confronti di chi affida alla chiesa i propri figli e la loro educazione morale, oltre che alla prima e più importante cosa, la loro incolumità.

Cordialmente

Francesco Zanardi
Rete L’ABUSO

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