L’associazione Rete L’ABUSO Onlus rende noto che in data 11 Luglio 2014 ha provveduto a comunicare la messa in mora nei confronti dei seguenti ministri di culto, diocesi e parrocchie coinvolte nello scandalo pedofilia savonese.
La messa in mora riguarda il sacerdote pedofilo Nello Giraudo, la Comunità per minori La Lucerna, la parrocchia S. Lorenzo Martire di Orco Feglino, la parrocchia S. Nicolò di Calice Ligure, l’ACR parrocchiale di Calice Ligure, la parrocchia S.S. Annunziata di Spotorno, l’Agesci Savona 7° presso la parrocchia di S. Dalmazio Savona, monsignor Dante Lafranconi e la diocesi di Savona-Noli.
Non è ancora stata comunicata la messa in mora nei confronti dei comuni liguri che affidarono alla comunità lager della diocesi di Savona-Noli gestita dal Giraudo diversi minori in quanto, nei primi mesi del 2014, altre 6 vittime, non ancora note, si sono presentate spontaneamente all’associazione e agli inquirenti.
La messa in mora è un atto dovuto che serve a bloccare in sede civile la prescrizione in quanto come l’associazione aveva già annunciato, alcune delle decine di vittime del Giraudo hanno presentato il conto ai responsabili. Questo è potuto accadere grazie alla condanna del Giraudo e grazie al fatto che il tribunale di Savona, applicando i secondo comma dell’articolo 40 del codice di procedura penale, abbia ravvisato e ritenuto responsabile di tutti quegli abusi l’ex vescovo di Savona, ora a Cremona, Dante Lafranconi.
Per quello che riguarda il Lafranconi fu salvato dalla “santa prescrizione” ma ciò nulla toglie al fatto che quelle responsabilità di fatto non solo esistano, ma siano anche state accertate. (Provvedimento Dante Lafranconi Pag 6)
In data odierna proprio il Lafranconi, che in passato non solo aveva negato i fatti, ma aveva anche accusato pubblicamente sul sito della diocesi di Cremona di “complotto” la magistratura savonese, risponda alle vittime con la lettera che alleghiamo. (Lafranconi lettera vittime Savona)
In alcuni passaggi il Lafranconi scrive di essere consapevole della gravità del fenomeno della pedofilia, “domanda alla chiesa tutta di restare fedele, come in passato, ad un concreto atteggiamento di ascolto delle situazioni e sopratutto, se necessario, di accoglienza delle persone coinvolte in tale vicenda”.
Parole ipocrite che scatenano l’ira di coloro che grazie al comportamento criminale e alle omissioni del Lafranconi, non solo si sono trovate insieme alle loro famiglie la vita rovinata, ma che proprio da lui (e neppure dai suoi due successori) non hanno mai ricevuto ne udienza, ne tanto meno alcun appoggio.
Il Lafranconi continua la sua missiva sottolineando che “sotto l’aspetto specificamente giuridico desidero però aggiungere che non ritengo possano essermi rivolti addebiti di natura civilistica, per cui la sua richiesta non può allo stato essere accolta”.
Conclude dichiarando che “nell’ambito di una prospettiva cristiana, comunque, assicuro la mia preghiera per quanti avessero subito l’offesa, così come per chi l’avesse provocata”.
Replichiamo con poche righe alla vergogna contenuta nella sua missiva caro, don Dante, sentendoci per l’ennesima volta offesi e non possiamo fare a meno di notare che in lei non emerge il minimo segno di pentimento, tanto meno di vergogna per ciò che ha saputo produrre nel suo mandato a Savona che lei stesso definisce “cristiano”.
Siamo felici di essere uomini perbene e non uomini di chiesa come lei e le chiediamo cortesemente di non pregare per noi, ne facciamo volentieri a meno.
Per quello che invece riguarda la sua opinione sull’aspetto giuridico le ricordiamo che in terra vige la giustizia civile. Potrà comunque, una volta giunto nell’aldilà, fare ricorso utilizzando la legge divina.
Francesco Zanardi
Presidente della Rete L’ABUSO.
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