Certo è piuttosto curioso nonché singolare che in ben 3 città italiane (Civitavecchia, Perugia e Ascoli Piceno) gruppi di sacerdoti si rivolgano all’associazione italiana delle vittime di preti pedofili Rete L’ABUSO chiedendo aiuto per denunciare le nefandezze e gli insabbiamenti che il Vaticano attua.

Nei giorni scorsi sono pervenute alla nostra sede ben 3 segnalazioni, due per posta tradizionale, una da Perugia, l’altra da Ascoli Piceno, la terza invece da Civitavecchia ma questa volta per posta elettronica.

La più interessante è quella che arriva da Perugia nella quale ci viene segnalata una realtà a noi già nota ovvero la presenza di un rifugio spacciato per clinica nel quale vengono nascosti preti pedofili, alcolizzati o con patologie riconducibili a dipendenze o devianze di vario genere. La struttura ospita anche sacerdoti agli arresti domiciliari, confortevoli naturalmente, che data la posizione della struttura, immersa nel verde e lontana da occhi indiscreti (vedi foto), lasciano anche un notevole spazio di movimento ai suoi ospiti.

Questa prima lettera contiene anche un corposo dossier di preti attualmente ospiti tra cui don Giampiero Peschiulli arrestato a Brindisi nei mesi scorsi, don Giovanni Desio, il prete di Casalborsetti (Ravenna), don Stefano Cavalletti e diversi altri. Come avevamo scritto alcune settimane fa, risulterebbe nascosto lì anche padre Thomas Ouso Kodijan, il sacerdote attualmente indagato a Lucca per abuso di minore, di cui da diverso tempo si erano perse le tracce.

La struttura di cui parliamo si chiama Villa Sacro Cuore (nella foto) e si trova appena fuori Città di Castello (PG). E’ dotata di 56 posti letto e situata in mezzo alla campagna.

Fu trasformata ed adibita a casa di accoglienza per sacerdoti con problemi nel 2011 quando, nel pieno dello scandalo dei preti pedofili, ci fu l’esigenza di creare dei luoghi discreti dove questi potessero essere nascosti.

Da quanto ci scrive il portavoce di questo gruppo di sacerdoti della Diocesi di Città di Castello “è da anni che abbiamo denunciato al vescovo di questa diocesi, Cancian, della situazione di questi preti pedofili che vanno in giro cercando chi divorare”. “Ma non ci è stato dato ascolto, anzi, si è incrementato ancora di più l’afflusso di queste persone che, da fonti indiscrete, vengono a trovare rifugio anche dall’estero”.

Dalla provincia di Perugia un filo ci lega a Civitavecchia da dove proviene la seconda segnalazione.

Nel settembre scorso sollevammo il caso di don Francesco Rutigliano, parroco di Bivongi (RC), condannato dal Santo Uffizio a 4 anni di sospensione per abuso di minore.

Anche lui dopo la condanna canonica fu trasferito nei pressi di Perugia, al Santuario di Collevalenza, un altro luogo dove in passato abbiamo visto trasferire altri sacerdoti con problemi. Di lui emerse che in quei 4 anni di permanenza, in realtà girò libero per l’Italia facendosi fotografare addirittura con Papa Ratzinger (foto) poi, terminato il suo periodo in struttura, fu reintegrato a Civitavecchia. Si scoprì che probabilmente dietro al suo trasferimento non c’era solo la necessità della chiesa di doverlo reintegrare in un luogo dove la sua storia non fosse nota ma, ironia della sorte, a Civitavecchia abitava anche quel ragazzino, oggi adulto, che lo fece condannare 4 anni prima.

Dopo che i parrocchiani della chiesa di San Gordiano furono informati dagli attivisti della Rete L’ABUSO dei trascorsi del sacerdote, don Francesco fu nuovamente trasferito. Oggi non sappiamo dove viva e se gli sia stata affidata una parrocchia. Da quanto però ci scrivono nella seconda segnalazione ricevuta pochi giorni fa, sarebbe ancora domiciliato a Civitavecchia dove sta sostituendo un sacerdote presso una casa religiosa e saltuariamente celebrerebbe messa nella Cattedrale.

L’ultima lettera, anche lei corredata di diversi allegati, ci arriva da Ascoli Piceno e scegliamo di non pubblicare integralmente, svelerebbe l’attuale domicilio di padre Alberto Bastoni, il sacerdote coinvolto nello scandalo dei festini e cocaina. Scontò 3 anni di sospensione, anche lui in una clinica questa volta però a Trento.

Da queste tre segnalazioni emerge un dato interessante, noi della Rete l’ABUSO non potevamo non notarlo perché è lo stesso meccanismo che porta le vittime a rivolgersi alla nostra Onlus. Anche in questo caso, malgrado si parli di sacerdoti e non di vittime, l’iter seguito è stato quello di rivolgersi alle gerarchie ecclesiastiche, le quali non hanno risposto.

Ultima spiaggia.. Rete L’ABUSO.

C’è quindi una parte di chiesa sana, che vuole fare davvero pulizia e che, malgrado l’assordante silenzio delle proprie gerarchie, inizia a farsi coraggio e denuncia.

Evidente il fallimento annunciato dei provvedimenti presi in questi anni dalla Santa Sede, tanto criticati da vittime e associazioni, oggi sembra comincino a non convincere più anche i sacerdoti.

Francesco Zanardi

Portavoce Rete L’ABUSO.

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