Dal 2011 (quando la Rete L’ABUSO sollevò le prime accuse a carico del sacerdote Pietro Pinetto) ad oggi, la curia savonese ha sempre negato il coinvolgimento di don Pietro Pinetto in episodi di molestie a danno di seminaristi.
L’ultimo pronunciamento in tale senso è stato quello di don Daniele Grillo, parroco di Villapiana (Savona) il quale nell’ottobre del 2015, durante un incontro con i parrocchiani insorti per la presenza di don Pinetto, ribadì nuovamente che le accuse al sacerdote risultavano infondate.
Non della stessa opinione il giudice del tribunale di Savona Fiorenza Giorgi la quale archivia per prescrizione il caso Pinetto, nelle motivazioni però richiama alle sue pesanti responsabilità non solo il sacerdote, ma anche la diocesi accusandola di aver “coperto” le molestie per salvaguardare la propria immagine.
Malgrado ciò la curia savonese ha continuato ufficialmente a sostenere l’estraneità di don Pinetto ai fatti di cui era accusato.
Dice il detto che “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”, e pare proprio così perché da un documento (nella foto), estratto da un fascicolo recentemente archiviato, emerge un’attestazione indirizzata all’Autorità Giudiziaria e firmata dal vescovo di Savona Vittorio Lupi datata 1° luglio 2016 nella quale emergerebbe non solo che nei confronti di don Pietro Pinetto è stata da tempo aperta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede un’indagine canonica, ma anche che questa si è chiusa per intervenuti termini di prescrizione il 29 maggio del 2015, parecchi mesi prima delle stridenti dichiarazioni di don Daniele Grillo.
Nello stesso documento il vescovo Lupi, pur non scendendo nei particolari di quell’indagine canonica, è suo malgrado costretto ad ammettere non solo che l’indagine c’è stata, ma che in base al decreto emesso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, l’ordinario diocesano (ovvero il vescovo) ha provveduto come previsto dal Codice Canonico, ad ammonire il sacerdote Pietro Pinetto.
Non ci resta che constatare che esiste ancora una notevole reticenza da parte delle diocesi nell’informare responsabilmente i parrocchiani su quella che è la reale situazioni dei propri preti.
Anche la collaborazione con l’Autorità Giudiziaria pare disattendere le raccomandazioni di papa Francesco, nelle prime righe del documento infatti il Vaticano trincerandosi dietro l’extraterritorialià, rammenta che la documentazione sul caso non sarà fornita nemmeno all’Autorità Giudiziaria la quale ha facoltà di tentare una rogatoria internazionale, rogatoria che spesso, come è stato nel caso di don Inzoli e tanti altri, viene puntualmente negata.
L’Ufficio di Presidenza
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