In riferimento al comunicato diramato ieri dall’ufficio stampa diocesano che ha irritato non poco le decine di persone che nel savonese si sono trovate la vita irreparabilmente distrutta a causa degli atti criminali commessi dai preti pedofili savonesi e coperti per anni dalla diocesi, riteniamo opportuno definire con precisione l’operato del vescovo dimissionario Vittorio Lupi, parecchio differente dal mieloso comunicato diramato ieri.
Vittorio Lupi arrivò a Savona nei primi mesi del 2008 e fu immediatamente informato da don Carlo Rebagliati su quale fosse la drammatica situazione della chiesa savonese, una situazione senza ombra di dubbio ben conosciuta e anche documentata dalla stessa diocesi e dal Vaticano, come dimostrano le decine di carteggi prelevati dagli inquirenti durante le indagini.
Malgrado ciò, il vescovo Lupi, nell’estate del 2009 aveva già organizzato il trasferimento di don Nello Giraudo, dopo don Giorgio Barbacini, uno dei più pericolosi pedofili che la diocesi savonese aveva in carico.
La sua destinazione, come emerge dai documenti interni, era la diocesi di Cuneo. Per fortuna, pochi mesi dopo la Procura della Repubblica di Savona aprì un’inchiesta sul Giraudo e il trasferimento non fu più possibile.
Le prime vittime che si fecero avanti da subito furono tre. D. D. che all’epoca lavorava proprio negli uffici della Diocesi di Savona, prontamente licenziato da Lupi il 31 dicembre dello stesso anno.
La seconda fui io, Francesco Zanardi, che all’epoca non lavoravo già più per la diocesi ma che purtroppo vivevo ancora in uno dei loro appartamenti che nel 2005 avevo ristrutturato a mie spese. Per quella ristrutturazione costata ben 55.000€ esisteva un accordo tra me e l’allora economo, don Rebagliati, nel quale la diocesi di Savona si impegnava a rimborsare le spese di ristrutturazione attraverso i canoni di locazione. Inutile dire che Lupi non mantenne quell’accordo, anzi, ebbe il coraggio di sfrattarmi per morosità. Riguardo ai soldi che ancora avanzavo e che non avrei più potuto scalare dai canoni di locazione, inutile dire che non li vidi più.
La terza vittima, Mirko Gabossi, visto quanto accaduto a me e all’altra vittima, si guardò bene dal rivolgersi a Lupi, il quale nel frattempo invitava le vittime savonesi ad un incontro.
Da quel 2009 a oggi le vittime di Giraudo passate anche per la procura sono decine e i loro nomi sono emersi in ben 2 inchieste giudiziarie.
Inutile dire che malgrado le pesanti responsabilità ravvisate dalla magistratura savonese e attribuite non solo al prete ma anche alla diocesi, malgrado il Codice di Procedura Canonica preveda nei casi accertati un risarcimento alla vittima, il vescovo Lupi ha rigettato tutte le richieste avanzate dalle vittime sostenendo che a suo avviso la Diocesi di Savona non si ritiene responsabile.
Ma la pessima gestione da parte di Lupi dei casi di pedofilia nella diocesi savonese continua con la vicenda di don Pietro Pinetto, finita forse peggio di quella di Giraudo perche se Giraudo oggi non è più prete, non grazie a Lupi ma per propria volontà, Pinetto, malgrado la magistratura abbia riconosciuto le tendenze pedofile del prete, il quale a riguardo ha anche ricevuto una ammonizione dalla Congregazione per la Dottrina della Fede che il vescovo Lupi si è ben guardato dal renderla pubblica, è stato reintegrato proprio da Lupi nella parrocchia savonese di Villapiana che conta più di 200 bambini.
A nulla sono servite la lamentele dei parrocchiani e le richieste di allontanarlo, almeno dai luoghi dove ci sono minori.
In entrambi i casi Lupi ha fatto pubblicamente tante promesse, dal processare i preti in sede canonica al prendere seri provvedimenti perché questi crimini non avvengano più. Promesse che nei fatti hanno lo stesso valore delle scuse di facciata fatte in questi anni alle vittime.
Non può che rimanere il disgusto nel vedere una chiesa così ipocrita e cosi sprezzante del valore dalla vita umana, una chiesa che nei 9 anni di presenza a Savona del vescovo Lupi lo ha visto scagliarsi con così tanta aggressività contro le vittime, costrette a subire l’ennesima umiliazione.
Una chiesa che non ha risparmiato neppure sacerdoti come don Carlo Rebagliati e don Giovanni Lupino, finiti anche loro nel tritacarne di Lupi, colpevoli di aver cercato verità e giustizia.
Francesco Zanardi
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