Le vittime… e non parlo di quelle italiane, parlo di tutte, perché in tutto il mondo le vittime del clero reclamano le stesse cose, vittime che, al viaggio di turno, vengono utilizzate quasi come un’attrazione, poi il dolore del papa, le scuse, qualche volta anche le lacrime, ma poi… quale è il seguito? Nessuno: è una ruota che gira, alla prossima visita di turno, nel paese di turno, con le vittime di turno, si ripete all’infinito, dando la “speranza” alle vittime che, forse, è la volta buona.

Ma dietro la speranza ci si accorge che manca il coraggio di cambiare, se ne accorge chi non sta dalla parte del pubblico, ma chi è protagonista e conosce quella che è stata la sua storia, l’ha confrontata con quelle di chi, come lui, è vittima e può affermare che le lacrime sono di coccodrillo, le scuse sono d’ufficio, mentre le vittime invece sono reali.

Di Francesco Zanardi

In questi giorni, dopo i fatti del Cile dove Bergoglio ha chiesto alle vittime “le prove” che monsignor Barros fosse un insabbiatore coinvolto nelle coperture di padre Karadima – anzi, che in alcune occasioni fosse addirittura presente alle violenze – molti hanno pensato, detto, di fatto sostenuto, che il papa abbia voluto essere “garantista” nei confronti del monsignore. A mio avviso il garantismo ci sta tutto anzi, è doveroso, certo, come qualche vittima ha fatto notare, non si può pretendere che si mostrino come prova i selfie delle violenze.

Certo ci si aspetta un garantismo onesto, equilibrato, democratico: deve essere super partes, vale per il vescovo, ma anche per chi lo accusa. Se ne deduce che, (anzi l’onestà intellettuale, dopo il buonsenso impongono), mentre – in virtù del garantismo – si  effettuano le verifiche sull’attendibilità delle accuse, anche l’accusato sia momentaneamente posto in una situazione di “stallo”, almeno fino a che i fatti non sono stati pienamente chiariti, non ci si aspetta di certo che questo venga promosso.

Questo è quello che le vittime cilene contestavano, la speranza di alcuni (nemmeno molta, visti i precedenti) era che, in quella visita, Bergoglio portasse giustizia: non tradotta in indennizzo economico, no, solo la giusta punizione.  Le vittime si aspettavano un atto non solo concreto, ma preventivo, perche il costante desiderio, il primo di tutte le vittime è che quello che è successo a loro, non accada ad altri e, nel rispetto di quello che quelle vittime hanno subito, era doveroso chiarire la fondatezza di quelle accuse. Invece sono state chieste le prove.

Papa Francesco vuole le prove, io le prove gliele do, ma intervenga senza scuse: diversamente si dimostrerà inattendibile.

… caso Delpini… Sempre quello, ma non perché abbia personalmente qualcosa contro Delpini, neppure lo conosco… solo che è un caso che l’associazione segue e conosce bene, risale solo al luglio scorso e ha due caratteristiche di valutazione importanti: la prima è che il processo del presunto abusante, don Mauro Galli, è tutt’ora in corso, la seconda, quella a mio avviso più degna di nota, è che il prete è presunto, quanto è presunta la vittima. Non vi è da ambo le parti certezza, dunque come si spiega che prima dell’inizio del procedimento penale – che solo al termine stabilirà i fatti – la vittima è già stata indennizzata? Io non indennizzo chi mi querela prima di un giudizio, soprattutto se sono innocente.

A chiarire ulteriormente i fatti, non ci sono le accuse della vittima, no, concordano con la deposizione fatta in questura dallo stesso arcivescovo Mario Delpini, nulla da contestare… quindi, riassumendo, entrambe le dichiarazioni (presunta vittima – arcivescovo) concordano: nei giorni immediatamente successivi al presunto abuso, i vertici della diocesi di Milano erano informati del fatto. Poco dopo trasferirono il prete in un’altra parrocchia, ancora con minori, e questo primo trasferimento Delpini lo giustificherà dichiarando, poi, di non aver capito la gravità dei fatti: problema suo, mica della presunta vittima che i fatti li ha denunciati.

Tuttavia, con un po’ di ritardo, la gravità dei fatti l’ha compresa, dice, ma allora perché ha trasferito una seconda volta don Mauro Galli, ancora una volta a contatto con potenziali vittime, in un ospedale?

Che dire, povero Delpini, sugli abusi ha decisamente poco intuito: se non fosse a capo di una diocesi direi è un rischio ma pazienza, che fare?… ma se gestisce a questo modo gli attuali e i futuri casi di quella diocesi… preoccupante.

Tornando alle prove, sul prete aspettiamo la giustizia civile, per la quale, anche se Delpini non avesse denunciato il sacerdote, poco cambierebbe: grazie a un vuoto legislativo, per la legge italiana non essendo un pubblico ufficiale, non era tenuto a farlo, non ha commesso alcun reato.

Per la legge della chiesa invece si, ne ha fatto una campagna mediatica di rigorosità lo stesso papa Francesco: punirò i vescovi insabbiatori!

Ma allora perché, da garantista, in attesa di un esito processuale, anziché sospenderlo, lo ha promosso arcivescovo della diocesi più grande al mondo, quella di Milano?

In attesa di un cordiale, nonché doveroso riscontro, porgo cordiali saluti.

Zanardi

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