Nel gennaio 1970 “avrebbe dovuto effettuarsi un oculato controllo sulla sede presso la quale il sacerdote sarebbe stato destinato, alla luce delle sue tendenze pedofile, all’epoca già note all’interno della congregazione”.

Questo uno dei passaggi di quanto scrive il pm, Valeria Ardito, nella richiesta di archiviazione avanzata al GIP, nella quale si chiede l’archiviazione della sola posizione del vescovo Giuseppe Zenti ma, nello stesso passaggio, ad indagini espletate, si certifica per la prima volta (da parte dell’autorità giudiziaria) che la congregazione (Compagnia di Maria per l’educazione dei sordi) all’epoca era ben cosciente delle tendenze pedofile di don Nicola Corradi, arrestato in Argentina il 28-11-2016 attualmente agli arresti domiciliari e in attesa di processo.

Si poteva evitare quindi, ma non è stato fatto nulla, tuttavia “per quanto attiene la posizione del vescovo Zenti Giuseppe, nessun addebito di responsabilità penale appare al medesimo imputabile”. “E’ difatti emerso dall’istruttoria espletata che l’Istituto Provolo è ente morale di diritto privato e dipende, e dipendeva anche all’epoca, dalla Congregazione Compagnia di Maria, che è ente ecclesiastico. Quest’ultima dipende a sua volta dall’Ufficio Congregazione Vita Consacrata del Vaticano”.

La vicenda quindi non è chiusa, si chiarificano gli indirizzi: l’interlocutore non è la Diocesi, ma la Congregazione che dipende dal Vaticano, al quale gli ex allievi dell’Istituto Provolo e l’Associazione Sordi Provolo si erano già in più occasioni rivolti.

Anche papa Francesco fu personalmente informato dalle vittime nel 2014, durante un incontro con loro in Vaticano, quando un ex allievo – Giuseppe Consiglio (nella foto) – consegnò proprio nelle mani del papa, una lettera nella quale denunciavano non solo il nome di don Nicola Corradi, ma anche quelli di altri 14 religiosi coinvolti.

Come nel caso cileno del vescovo Barros, anche nel caso italiano, papa Francesco non diede mai alcun seguito a quella grave denuncia, almeno fino all’arresto del sacerdote, avvenuto per mano dell’autorità civile argentina e non della chiesa.

Nella richiesta di archiviazione si parla anche della falsificazione della pagella di un ex allievo, Giovanni Bisoli. La pagella è verosimilmente falsificata ma l’originale è sparito, tuttavia “non sono comunque emersi elementi che consentano di individuare i responsabili dell’eventuale contraffazione”.

Dalla richiesta si apprende anche di una querela per calunnia presentata dal vescovo di Verona Giuseppe Zenti, querela per la quale viene chiesta l’archiviazione.

Si legge che Zenti “pubblicamente accusato, sugli organi di stampa, di omessa viglianza su don Corradi, malgrado che l’istituto Provolo non appartenesse alla giurisdizione della diocesi e fosse quindi questa indipendente. Sul punto deve rilevarsi l’assoluta assenza di malafede da parte deidetrattori” della curia in quanto gli stessi, a fronte di certi e documentati atti di raccapricciante pedofilia commessi da parte di sacerdoti dell’istituto sui bambini sordomuti affidati alle loro cure, hanno ritenuto in buona fede di ravvisare una responsabilità penale nei confronti del vescovo di Verona ai sensi dell’articolo 40 2°c. cp”.

Il documento, anche se chiede l’archiviazione per Zenti, è di per sé importante, rende parziale giustizia agli ex allievi dell’istituto portando, dopo 30 e passa anni, il caso dell’Istituto Provolo negli Archivi della Giustizia civile, alla quale fino ad oggi era sfuggito.

Gli indirizzi ai quali rivolgersi oggi sono chiari. Il caso di don Corradi resta tuttavia aperto e insieme a lui anche le gravi responsabilità delle gerarchie che hanno permesso tutto ciò, e alle quali chiederemo conto dopo la condanna di Corradi: tecnicamente oggi, senza ancora una condanna, i reati omissivi non sono ipotizzabili ma non configurabili.

Le Associazioni – Rete L’ABUSO e Associazione Sordi Provolo – rispettivamente si riservano, nel termine di 20 giorni previsto dalla legge, di valutare ed eventualmente opporsi alla richiesta del pm Valeria Ardito.

L’Ufficio di Presidenza della Rete L’ABUSO

Francesco Zanardi.

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