Otto anni di ansie e speranze senza però ricevere nessuna risposta.
Una vicenda che ricorda molto un altro caso denunciato dalla Rete L’ABUSO, quello di Diego Esposito, nel quale vedremo, cambia il nome del sacerdote accusato – in questo caso non più Silverio Mura ma Maurizio Palmieri – cambia la presunta vittima – in questo caso non più un alunno di catechismo ma un seminarista del Seminario di Aversa all’epoca 15enne – ma chi gestirà il caso per mandato della C.D.F. sarà sempre lui, monsignor Lucio Lemmo.
I fatti risalirebbero al 1995 e sarebbero avvenuti nel Seminario di Aversa per mano dell’allora Diacono ed animatore, don Maurizio Palmieri.
Nella querela depositata dalla presunta vittima presso la Procura della Repubblica di Napoli, si legge che, oltre agli abusi, il Palmieri avrebbe in qualche modo zittito la presunta vittima, con la costante minaccia di “cacciarmi dal seminario e di non aiutarmi più negli studi”, talvolta offrendogli “anche dei soldi in busta chiusa”, “mi costringeva ad aver rapporti sessuali reiterati con lui”.
La querela, dalla quale abbiamo estratto solo due essenziali passaggi, è del 2016 ed è purtroppo l’ennesima testimonianza dell’immobilità dei tribunali canonici di fronte alle denunce che le vittime inviano alla Santa Sede, immobilità che spesso, anche se non è questo il caso, aiuta la chiesa a far raggiungere alla vittima i termini di prescrizione, momento in cui il reato non è più procedibile penalmente.
Purtroppo per un cattolico, la denuncia all’autorità civile è quasi sempre, per non dire unicamente, l’ultimo passaggio dettato a quel punto dal desiderio di giustizia: quella negata alle vittime dalla Santa Sede.
La presunta vittima, infatti, tramite il suo avvocato scrive alla Santa Sede denunciando i presunti abusi nel settembre del 2010. Poco tempo dopo a rispondere è Luis Francisco Ladaria, oggi Prefetto della C.D.F. e all’epoca Segretario, il quale comunica che “ha delegato, per lo svolgimento delle opportune indagini, S.E. Mons. Lucio Lemmo”.
Come per Diego Esposito, passano gli anni ma non arriva alcuna risposta dalla chiesa fino a che, dopo l’elezione di papa Francesco, e della campagna mediatica di “tolleranza zero” che lo ha seguito, la vittima decide di fare un nuovo tentativo, questa volta scrivendo direttamente al Pontefice.
Nessuna risposta.
Questa è l’ennesima testimonianza della giustizia negata alle vittime, anche nel pontificato di Francesco, fatta di proclami e di tanta “tolleranza” per i crimini, “zero” per le vittime, condannate dalla chiesa come nei Gironi Danteschi a vagare dannate per l’eternità, in cerca di giustizia.
Zanardi
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