Altro duro colpo alla credibilità di papa Francesco, e a quella che la stampa ha battezzato come la campagna “tolleranza zero” contro i preti pedofili: una campagna da noi della Rete LABUSO ribattezzata, non per pregiudizio, ma per l’indiscutibilità dei dati alla mano che la contraddicono, la campagna di “tolleranza” per gli abusatori e “zero” per le vittime.
Lo scorso 17 febbraio, a pochi giorni dall’interruzione dello sciopero della fame di Diego Esposito che con la sua protesta civile, non violenta e inascoltata da papa Francesco, chiedeva verità e giustizia per i presunti abusi subìti dal sacerdote Silverio Mura, alcuni quotidiani e l’agenzia ANSA, davano notizia, confermata anche dal direttore della sala stampa vaticana Greg Burke, che papa Francesco avesse riaperto – dopo il primo insabbiamento dell’indagine da parte della diocesi guidata dal cardinale Sepe – il caso di Diego Esposito.
La Rete LABUSO, di cui Diego Esposito fa parte, smentì immediatamente la fake news vaticana sottolineando che, non solo la presunta vittima, ma neppure il suo avvocato e la stessa associazione, non avevano alcuna notizia a riguardo.
Ammodernando un pò il termine, quando si dice che le fake news hanno le gambe corte, arriviamo a pochi giorni fa, il 7 marzo 2018 quando un servizio de Le Iene propone proprio il caso del nostro associato, Diego Esposito.
È proprio in quel servizio che il sindaco di Montù Beccaria (Pavia) – Amedeo Quaroni – riconosce il prete accusato nella trasmissione: esercita e vive in paese, fa ancora il catechista ed è ancora a contatto con minori, come trent’anni fa quando adescò Diego. Proprio vero, il lupo perde il pelo ma non il vizio, mi riferisco al catechismo, naturalmente.
Il trasferimento di don Silverio Mura a Montù Beccaria avviene all’incirca un anno fa, presumiamo dopo la morte della madre che, fino ad allora, don Silverio aveva accudito e che da tempo limitava notevolmente la libertà di movimento del sacerdote.
Certo che la chiesa non si è fatta scrupoli, altro che indagine canonica, altro che prevenzione, dopo il funerale della madre lo ha rimesso subito in pista e, cosa c’è di meglio che un bel paesino di poche anime nel pavese, a 800 km di distanza da Napoli.
Inutile dire che quando il sindaco di Montù Beccaria ha cercato di avere notizie, don Silverio aveva già preso il volo.
Sarà andato a fare il processo canonico ?
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