Di certo questa è la domanda che tutti si stanno facendo da quando don Silverio Mura, alias Saverio Aversano, è stato scoperto nel piccolo paesino di Montù Beccaria: chi poteva sapere della sua vera identità?
Quello che è certo è che don Silverio non si è alzato una mattina e, di sua spontanea iniziativa, è andato a fare il parroco nel pavese, qualcuno lo ha mandato, qualcun altro lo ha accolto e, basta avere un minimo di conoscenza di come sia strutturata giuridicamente la chiesa, per darsi una risposta.
È fuori da ogni ragionevole dubbio che la diocesi di provenienza, nella quale don Silverio è incardinato, conoscesse la sua identità: è proprio la diocesi che dà il nullaosta perché un sacerdote possa lavorare, per un periodo così lungo, fuori diocesi.
Non molto diversa la situazione nella diocesi ospite la quale ha due possibilità: quella di averlo espressamente richiesto, e in questo caso è palese che sapesse, oppure potrebbe essere stato mandato, ma difficilmente questo poteva avvenire all’insaputa del vescovo.
È importante sapere che le diocesi, per la chiesa sono un po’ come le nostre prefetture. Hanno il controllo del territorio e, alle diocesi fanno capo non solo i religiosi sul territorio appartenenti alla chiesa, ma anche coloro che, per esempio, appartengono a congregazioni di Diritto Pontificio, ovvero congregazioni che dipendono direttamente dal Vaticano che, tuttavia, per quanto concerne le questioni locali, fanno capo all’ordinario locale, ovvero il vescovo.
I trasferimenti, per procedura, sono accompagnati da una lettera di presentazione da parte della diocesi di provenienza, indirizzata a quella di destinazione e, in questo caso, è possibile che il nome del sacerdote fosse falso.
Poco credibile rispondere che la lettera non c’è, anche perché la conseguente domanda che porremmo direttamente al vescovo di Tortona mons. Vittorio Francesco Viola sarebbe: ma lei ha quindi assegnato un parroco così, senza sapere neppure chi fosse? Vista l’assenza di una lettera di accompagnamento non ha neppure chiesto un documento di identità?
Vale a dire che, se un perfetto sconosciuto, magari neppure prete, si presenta alla porta della sua diocesi, lei gli assegna una parrocchia?
Francamente non la crediamo così ingenuo.
Sveliamo quindi pubblicamente il dilemma, senza tante indagini, renda pubblica quella lettera e, nel caso non ci fosse, lo dica: d’altronde siamo nell’era della trasparenza e della tolleranza zero tanto proclamata da papa Francesco, sia trasparente e inflessibile e ci faccia sapere.
Francesco Zanardi
Presidente Rete L’ABUSO
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