Nell’udienza di ieri, 22-5-18, presso il Tribunale di Milano, è stato sentito per la prima volta in aula l’imputato, don mauro Galli, accusato di abusi sessuali ai danni di un ragazzo di Rozzano, all’epoca dei fatti 15enne.

Premesso che l’imputato ha tutto il diritto di mentire per difendersi, premesso che la Rete L’ABUSO segue vittima e familiari il carteggio delle deposizioni lo ha letto, le risposte di don Galli sono state alquanto improbabili.

Dopo una iniziale serie di domande utili a descrivere il ruolo e mansioni di don Mauro, tra le altre cose al suo primo incarico, l’attenzione si sposta non solo sul suo trasferimento da Rozzano a Legnano – avvenuto dopo la denuncia della vittima – che stando a quanto documentava anche la pagina internet della parrocchia sarebbe avvenuto il primo marzo del 2012, seguito poi da un secondo trasferimento nel novembre dello stesso anno presso l’ospedale di Niguarda, a loro dire un trasferimento temporaneo questo, in attesa di un terzo trasferimento del don Mauro a Roma.

Tutti trasferimenti che don Mauro non solo ha dichiarato in aula di non sapere fossero collegati ad una denuncia di abusi, a suo carico, risalente al 2011, ma che sarebbe venuto a conoscenza di ciò, soltanto nel settembre del 2014, dopo quasi tre anni.

Ovvia la conseguente domanda di come, ignorando i reali motivi del trasferimento, don Mauro si spiegava allora tutti quegli spostamenti in un lasso di tempo così ristretto. La risposta è stata disarmante: non si sarebbe mai posto la domanda, ma solo limitato ad obbedire ai suoi superiori.

Invece, su quanto accaduto la notte del 19 dicembre 2012, don Galli ha soltanto ammesso di aver dormito nello stesso letto con la presunta vittima e che, durante la notte, questa fece un brutto sogno, si mise ad urlare nel sonno e lui si limitò a trattenerla per paura cadesse dal letto.

Qui il racconto stride ancora una volta e fa sorgere una domanda: ma se quella notte non è accaduto nulla, perché don Mauro Galli non si è difeso da quelle che, a questo punto, sarebbero state le infamanti accuse della presunta vittima? Perché allora, prima di questo procedimento giudiziario, ancora in corso, avrebbe versato 150.000€, tra indennizzo e spese legali, grazie al quale la parrocchia di Rozzano e la stessa diocesi di Milano, responsabili civili nel processo, hanno potuto tirarsene fuori e il don Mauro, in caso di condanna, potrà usufruire dello sconto di un terzo della pena?

Un indennizzo che ha fatto parlare parecchio, si è persino detto fosse un fondo della diocesi per “comprare il silenzio” delle vittime e ieri, in aula, la difesa del sacerdote rappresentata dal professor Mario Zanchetti, ha spontaneamente ritenuto di dover documentare agli atti i vari spostamenti bancari, a prova che quei soldi provenissero dal conto dei genitori del sacerdote e non dalla diocesi.

Lo stesso sacerdote ha dichiarato che la provenienza è riconducibile a vari parenti che lo avrebbero aiutato.

Francesco Zanardi

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