Di Francesco Zanardi

Ho trovato “Giustizia divina” un libro davvero molto interessante e ricco di dati inediti attualissimi e soprattutto con una ottima tecnica di indagine, non la solita, in genere fatta su documentazione acquisita o informazioni giornalistiche di vario genere.

Gli autori, Emanuela Provera e Federico Tulli partono da un’iniziale raccolta di informazioni documentali, che però non usano o, almeno, le usano per poi approfondire recandosi di persona in quei luoghi, facendo domande dirette e raccogliendone anche le impressioni. Da vittima, ma in questo caso soprattutto da tecnico, Presidente di un’associazione di sopravvissuti agli abusi sessuali del clero, quanto raccolto dagli autori fa emergere qualcosa di inquietante sul piano dell’applicazione della giustizia.

La scrupolosa inchiesta, inizia a raccogliere dati interpellando le 191 case circondariali esistenti sul suolo italiano per censire, capire quanti sacerdoti siano effettivamente nelle carceri del nostro paese. Dalle risposte ottenute dai due giornalisti (su 191 case circondariali hanno risposto 125), risultano nelle carceri italiane 5 soli sacerdoti e, di questi, uno solo agli arresti per pedofilia.

Il dato oltre che stupire fa sorridere. Basta andare sul sito della Rete L’ABUSO per vedere che nell’ultimo decennio, solo in Italia, i sacerdoti condannati in via definitiva, e solamente per reati di pedofilia, sono più di 140, l’ovvia domanda è: che fine hanno fatto ?

Si scopre che finiscono in strutture parallele che la chiesa definisce “per sacerdoti in difficoltà”, strutture nelle quali troviamo non solo sacerdoti agli arresti domiciliari per reati di vario genere, anche la pedofilia. Questi sacerdoti, malgrado l’effettiva condanna, non vivono un regime carcerario e neppure una vera detenzione domiciliare, vivono tranquillamente a contatto con altri confratelli, con problemi molto spesso differenti, quali dipendenza, depressione, ritiro spirituale ecc.

Prima dell’inchiesta avevamo individuato 5 di queste strutture, oggi arriviamo a più di 20. Provera e Tulli, nella sostanza, scoprono e documentano (in un contesto carcerario) che la chiesa si è sostanzialmente creata, nell’indifferenza dello Stato italiano che la lascia fare, dei “non carceri” per detenuti di “serie A” che definisco con estrema tranquillità “simbolici”, ai quali, sono gli stessi tribunali italiani che affidano ai domiciliari i membri del clero.

Luoghi frequentati anche da persone che, per lo Stato, sono liberi cittadini e che non dovrebbero stare a contatto con chi sconta una pena. Luoghi senza alcun controllo: si entra, si esce, c’è la TV, internet, insomma come andare agli arresti “in vacanza”…

È bene ricordare che, soprattutto per la pedofilia, esiste un alto e concreto pericolo di reiterazione del crimine e che la comunità scientifica paragona il profilo del pedofilo a quello dei serial killer, ci si chiede in questa condizione quale sia la tutela prevista dallo Stato nei confronti dei cittadini.

Affidi fatti dagli stessi Tribunali, ma nessuno poi controlla, come accaduto nell’ottobre 2017, quando don Ruggero Conti, affidato per motivi di salute ad una struttura – che drammaticamente scopriremo anche essere adibita  al trattamento ESTENSIVO per Adolescenti  – ad un bel momento ha deciso di lasciare il Lazio e farsi un giro a Milano. E così ha fatto, ha telefonato a un taxi e con sufficiente denaro a disposizione per pagarlo, si è messo in viaggio.

Emerge quindi dall’indagine di Provera e Tulli, l’evidenza  che esista una categoria di cittadini, ai quali lo Stato concede privilegi e lascia fare senza porsi troppe domande, uno Stato che è difficile immaginare che non sappia. Infatti, proprio una di queste case che definirei per detenuti di “serie A”, la comunità AGAPE di Roma, sorge proprio a pochi passi da un’immobile di proprietà del Ministero di Grazia e Giustizia, Amministrazione Carceraria.

Dopo 10 anni passati ad occuparmi di chiesa, ne ho viste tante che tutto ciò poco mi stupisce da parte del clero. Mi preoccupa invece la posizione dello Stato italiano. Ci ricordiamo la Costituzione Italiana? Qui è evidente non solo che lo Stato palesemente violi i diritti costituzionali dei cittadini – persino quelli dei pedofili – creando tra loro una disparità, cioè permettendo ai soli membri del clero cattolico, di privilegiarsi di un tacito “diritto” non previsto dai Patti Lateranensi, un diritto che di fatto spesso gli garantisce questa sorta di immunità, in palese sfavore delle vittime alle quali lo Stato non fornisce oltre alla giustizia, alcun tipo di aiuto.

Anche se non ci fa desistere, un boccone amaro per chi come me crede nella legge e nella giustizia, e nella legalità, con civiltà da anni si batte per contrastare questo fenomeno in particolare, dover prendere atto che quella giustizia alla quale ci appelliamo, è la stessa che in parte ostacola la punibilità del clero.

Zanardi

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