Dopo il sinodo di febbraio, concluso sostanzialmente con altre promesse ma di fatto nulla di concreto, stiamo assistendo alla nascita – sul territorio italiano e per mano delle diocesi – di sportelli di accoglienza per le vittime di abusi sessuali da parte dei preti cattolici.
A lasciarci un pò perplessi, non è solo il fatto che questi sportelli nella sostanza proseguono come è sempre stato, con la raccolta delle denunce presso le diocesi e non all’Autorità Giudiziaria civile, con un rischio che è storica parte del problema, ovvero che queste vengano insabbiate.
Quello che non è chiaro, è che oltre a fare il lavoro di intelligence, ovvero acquisire dei dati, non si sa da chi saranno gestiti, che uso ne verrà fatto, quali garanzie ha la vittima sul fatto che le informazioni acquisite in quelle sedi gestite dal clero non vengano poi utilizzate nei tribunali civili, magari a danno della stessa vittima.
Non viene detto quali proposte siano disponibili per il soccorso di chi è stato vittima, se vi siano percorsi di recupero, chi li gestirà, in sostanza viene detto (come appare nel testo della diocesi di Milano) che vi sarà un “Referente diocesano per la tutela dei minori e la corrispettiva equipe (cui competerà, tra l’altro, l’ascolto e l’accompagnamento delle vittime e la gestione della segnalazione di abusi)”. Tutela minori diocesi di milano
Nella sostanza un testo di buone intenzioni che però nessuno sa quanto realmente siano attuabili, visti i fallimenti, o forse successi, compiuti fino ad oggi dalla chiesa, che puntualmente giustifica le “buone intenzioni disattese” scaricando la responsabilità su una gerarchia disobbediente o su un vescovo omertoso che poi non punisce però, il quale magari si giustificherà – come ha fatto l’arcivescovo di Milano Mario Delpini – sostenendo di aver sottovalutato la segnalazione. Facendosi scudo del fatto che in Italia non vi sia l’obbligo della denuncia.
Diceva un grande amico della chiesa “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca” e spero la chiesa non se ne abbia a male con noi vittime, se vogliamo che tutto venga fatto per il meglio.
Protocollo – tutela e garanzia – Consultori Diocesani
Proposta della Rete L’ABUSO
Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero
Relatore
Francesco Zanardi
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Premesso che l’Associazione Rete L’ABUSO, (associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero) con sede legale in Savona, via Pietro Giuria 3, C.F. 92109400090, si batte per la non negoziabilità dei diritti, propone il seguente protocollo. Premesso che il documento non mette mano alla strutturazione interna che sarà discrezionale, vogliamo solo individuare i punti fondamentali e imprescindibili con l’unica finalità; garantire il rispetto e la massima tutela delle parti, oltre all’efficacia del servizio.
L’Associazione ritiene che una partenza sana sin dall’accoglienza, produca non solo una buona gestibilità, ma anche la massima trasparenza e la garanzia del rispetto dei diritti della vittima.
LA STRUTTURA DELL’ACCOGLIENZA
- Garantire che venga segnalata all’Autorità Giudiziaria qualunque notizia di reato o sospetto di reato, lasciando la gestione e l’accertamento, unicamente all’autorità civile competente.
- Che la vittima sia guidata e supportata nelle decisioni e nei percorsi che andrà a prendere, con un’unica finalità, il benessere di chi viene soccorso.
- Garantisca che chi accoglierà e guiderà la vittima sia personale competente e preparato, che agisca nel massimo rispetto del Diritto che lo Stato Italiano garantisce.
- Valuti con sollecitudine l’urgenza (ai fini prescrittivi o di interruzione degli stessi) di un intervento legale in sua tutela.
- Garantire agli utenti, soprattutto sotto l’aspetto psicologico, che abbiano assicurate tutte quelle tutele previste dallo Stato italiano, dal Trattato di Lanzarote ecc. che sono espressamente rivolte a soggetti vittime di abuso sessuale.
- Che in nessun modo il servizio divulghi, riutilizzi, o ceda per finalità differenti dall’interesse dell’assistito, dati, circostanze e informazioni di qualunque genere o natura.
Riteniamo i sei punti esposti, fondamentale base di garanzia non negoziabile. Anche se apparentemente potrebbe sembrare difficile affrontarli, in realtà sono tutti legati tra loro e risolvibili con estrema semplicità.
Ecco la nostra proposta per un punto di partenza sano ed efficace.
Abbiamo trattato non a caso il solo punto dell’accoglienza perché secondo noi è li il cardine dove si decide l’avvio di un accompagnamento sano per la vittima e utile per il bene collettivo.
La soluzione si riduce alla scelta mirata di chi sarà addetto all’accoglienza o responsabile di questa, che dovrà semplicemente essere selezionato tra chi riveste qualifiche di “pubblico ufficiale”, ovvero un medico, un assistente sociale o chi per esso, purchè abbia questa qualifica, che gli impone degli obblighi penali, come quello della denuncia.
Questa soluzione risolverebbe molti problemi al Vaticano per quanto riguarda la gestione, l’obbedienza delle gerarchie, il segreto del confessionale ecc. In questo modo anche la chiesa viene messa al corrente della segnalazione, mantenendo la sua inviolabile facoltà di decidere se avviare un’indagine previa e un successivo processo canonico. Al tempo stesso le gerarchie sarebbero sollevate dall’onere dalla denuncia alle autorità civili, che sarebbe comunque garantita dal pubblico ufficiale, che per legge la deve fare e che in caso di omissione ne risponderebbe personalmente.
A questo modo si supererebbero anche i vari ostacoli dovuti alla valutazione della denuncia, che sarebbe compito dell’autorità civile, la quale, ha gli strumenti e la formazione per valutare e nel caso procedere sotto l’aspetto giudiziario.
Siamo convinti, anzi emerge insistentemente dai vari casi, che spesso la denuncia è un ostacolo notevole, non solo per la vittima, ma anche per chi la circonda, specie nell’ambito della chiesa dove la paura che si sappia, spesso prevale sulla priorità, la vittima, il suo soccorso e la prevenzione.
L’associazione Rete L’ABUSO si rende garante di questo protocollo, ampliabile e integrabile con altri punti, ma non negoziabile nel suo fondamento. Lo stesso protocollo non solo è in linea con quanto discusso lo scorso febbraio durante il sinodo, ma risolverebbe in buona parte anche la collaborazione tra la chiesa, le autorità civili e le associazioni delle vittime, coinvolte un dialogo senza precedenti che non può che essere garante e costruttivo.
Protocollo tutela vittime sportelli diocesani
Fine del Protocollo
Zanardi
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