A Randazzo fa molto discutere il ritorno di don Vincenzo Calà, allontanato per cinque anni a seguito di una denuncia di abusi ai danni di un giovane del posto, all’epoca dei fatti quindicenne.

Da parte della diocesi davvero poco tatto nei confronti della vittima e dei suoi familiari che, dopo l’incubo, se lo ritrovano a dire messa come se nulla fosse, anzi, accolto dagli applausi dei fedeli che insieme al primo cittadino inneggiano alla sua innocenza.

L’euforia è tale nel paese, da trasformare un’archiviazione per intervenuti termini di prescrizione, in un’assoluzione, confermata poi da un’ulteriore assoluzione canonica, che con una sentenza penale di un tribunale italiano, non ha nulla a che spartire: infatti nei tribunali canonici non si giudica il crimine commesso contro la persona (la vittima), ma l’offesa a Dio, in quanto i processi canonici si basano sul sesto comandamento, non commettere atti impuri.

Bene, la chiesa ha semplicemente assolto il prete per non aver arrecato offesa a Dio, mica perché non ha commesso un crimine sul ragazzino.

Per quanto invece riguarda la giustizia civile, don Calà fu condannato nel 2014 in primo grado a quattro anni, sentenza confermata in appello e ridotta a tre.

La Cassazione non ha affatto assolto don Vincenzo Calà per non aver commesso il fatto, ma diversamente da come è stata strumentalizzata la sentenza “Annulla agli effetti penali senza rinvio la sentenza impugnata (quella di appello che lo condannava a tre anni) per essere i reati estinti per prescrizione”. Questo vuole dire che il reato non è più procedibile e non che il fatto non sussiste anzi, “Dichiara inammissibile il ricorso (fatto da don Calà) agli effetti civili e condanna il ricorrente (don Vincenzo Calà) alla rifusione delle spese per il grado di giudizio alla parte civile…..”.

In tutto questo va anche detto che don Vincenzo Calà, se avesse voluto veramente chiarire la sua posizione di innocenza, era suo diritto rinunciare alla prescrizione – tra le altre cose intervenuta per soli 9 giorni – ma non lo ha fatto, vedendosi così rigettato anche “il ricorso agli effetti civili” che lo porterà nuovamente in tribunale, questa volta in una sede civile, dove dovrà risarcire la vittima.

Francesco Zanardi

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