Di Francesco Zanardi

Il caso dei ‘Discepoli dell’Annunciazione’, esploso in esclusiva ieri sulle pagine de LA NAZIONE, la cui direttrice, questa mattina in diretta come me su Rai1 a STORIE ITALIANE, ha ribadito essere frutto di informazioni raccolte dai suoi giornalisti, lascia parecchi dubbi su quelle che sono le affermazioni della diocesi di Prato.

Inutile chiedere la fonte della notizia, perché ci si appellerebbe immediatamente al diritto giornalistico sulla tutela delle fonti. Certo, la curiosità su dove siano state prese certe informazione, direi ben selezionate e fin troppo precise, resterà per noi mortali un mistero. Quello che è certo, dal momento che siamo, anzi, eravamo proprio nel pieno di iniziative investigative sollecitamente promosse dalla Procura, sulle quali vige un assoluto segreto istruttorio, escludiamo che sia stata la stessa Procura, violando paradossalmente il segreto, a fornire tali informazioni.

Stupisce anche l’immediatezza con la quale la diocesi di Prato se ne esce, con un comunicato stampa e conferenza annessa, totalmente autoreferenziale, dove, di fronte all’ennesimo scandalo vanterebbe, a suo dire, l’efficienza, l’immediatezza di intervento e la trasparenza avuta.

E’ la stessa direttrice de LA NAZIONE che congratulandosi per l’operato della curia commenta a STORIE ITALIANE; “non mi è mai successo che un vescovo convocasse una conferenza stampa a due ore dall’uscita di una notizia su queste vicende”

Poi c’è anche quella voce che gira insistentemente da ieri e secondo la quale, sarebbe addirittura stato il vescovo Franco Agostinelli, a denunciare il tutto personalmente alla Procura della Repubblica.

A ribadirla questa mattina in studio è don Bruno Fasani, piuttosto risentito dalle mie osservazioni critiche al quale dico, senza voler mettere in dubbio la sua buona fede, che chi gli ha passato quella notizia, gli ha dato – come dicono a Roma – una bella “sola”.

Lei è un uomo di chiesa e certe cose è ammissibile che le ignori, tuttavia, è giusto che lei sappia che, secondo la legge italiana, né un vescovo né altri (tranne naturalmente i pubblici ufficiali), neppure la mia Associazione, che specificatamente nello Statuto indica queste finalità, può autonomamente sporgere una querela. La legge italiana, soprattutto in questo caso dove le presunte vittime sono maggiorenni, prevede obbligatoriamente una querela di parte. Nessun valore in questo specifico caso, avrebbe avuto nemmeno la denuncia dei genitori delle due presunte vittime. Su questo la invito a tirare le orecchie a chi le ha fatto fare non solo la figuraccia, ma ha tentato di farle divulgare, a sua insaputa, informazioni false e tendenziose.

Ma come è andata nei fatti la vicenda? Cerchiamo di ricostruirla con un ordine cronologico chiaro e sopratutto completo.

Premetto che nel rispetto di quel poco di segreto istruttorio rimasto, non accrescerò di una sola virgola con quanto sono a conoscenza dei fatti, mi limiterò ad analizzare quelli oramai pubblici.

I ‘Discepoli dell’Annunciazione’ nascono nel 2010 e già nel 2013, il Vaticano attenziona la Compagnia e avvia un accertamento. Di certo non si può dire che sia stato molto sollecito, in quanto ci vogliono ben sei anni prima che il Vaticano intervenga e, anche qui, la tempistica è notevolmente sospetta, soprattutto alla luce del fatto che, come si poteva osservare sul sito dei ‘Discepoli dell’Annunciazione, il 18 dicembre 2018 la situazione era talmente serena, che l’ex vescovo di Prato, ordinava ancora un frate. Casualmente il sito è stato recentemente cancellato come potete ben vedere https://www.discepoliannunciazione.org/chi-siamo/ tuttavia, lo avevamo preventivamente scaricato ed è ancora presente in Google la sua cache .

Ma cosa è accaduto a dicembre del 2019 ?

Anche se questo LA NAZIONE non lo ha scritto, il 5 di dicembre 2019, la presunta vittima che aveva denunciato alla diocesi il 13 giugno 2019, insoddisfatta dell’inerzia della stessa diocesi, insieme ai genitori e al fratello (seconda presunta vittima) denunciano formalmente, con querela di parte, le presunte violenze, anche di gruppo, all’Autorità Giudiziaria, questa volta quella italiana.

La Procura della Repubblica apre immediatamente un fascicolo, ma trattandosi di clero dovrà attenersi al protocollo addizionale, paragrafo b), dei Patti lateranensi, il quale recita; “b) La Repubblica italiana assicura che l’autorità giudiziaria darà comunicazione all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici.

Ed ecco qui la “sola” nella quale è cascato questa mattina anche don Bruno Fasani, tuttavia smentito dallo stesso comunicato stampa della diocesi, nel quale nessuno ha mai detto che il vescovo ha denunciato alla Procura, ma si dice che il vescovo è andato autonomamente in Procura e questa prassi, è verosimilmente accaduta solo perché, come previsto dai Patti Lateranensi, la procura doveva comunicare l’apertura del fascicolo.

Ed è qui che deflagra nelle mani della curia pratense una vera e propria bomba, con nove indagati e in un battibaleno,  La Santa Sede scioglie i Discepoli dell’Annunciazione. E’ il 22 dicembre del 2019.

Forse adesso, esposti gli eventi in ordine cronologico, la vicenda vi apparirà più chiara e molto meno eclatante di quanto raccontato in quel comunicato autoreferenziale della diocesi diffuso ieri.

Ma parliamo di quel comunicato, ci si domanda a che titolo, soprattutto in una fase così delicata come quella istruttoria di un processo italiano, viene rilasciato dalla diocesi ieri e, non come sarebbe stato coerente fare nel giugno scorso, cioè quando la prima presunta vittima si presentò in curia.

Invece esce ieri e durante un’indagine della magistratura nella quale c’è attualmente un rigoroso segreto istruttorio, dietro al quale la Procura aveva già ordinato delle perquisizioni, ed è verosimile pensare che avesse in corso anche intercettazioni telefoniche, da ieri inutili, in quanto con la notizia su tutti i giornali, gli eventuali intercettati se ne guarderanno bene di parlare di certe cose al telefono .

Ma parliamo anche delle due presunte vittime e delle loro famiglie, forse più importanti dell’immagine della chiesa, che dopo tanto silenzio da parte della curia pratense, si trovano in un momento di grossa difficoltà, sia per la recente querela che ha costretto le presunte vittime a ripercorrere quegli episodi di fronte ai magistrati, sia per il fatto che i genitori si sono trovati di fronte ad una situazione che nessun genitore vorrebbe mai provare nella vita. Ieri si sono trovati gravemente violati, non solo dall’inopportuna fuga di notizie, ma nella loro più profonda intimità perché, al di là delle notizie incomplete e dei comunicati autoreferenziali, ricordando che questo è un reato, qualcuno ha avuto il pessimo gusto di diffondere anche le generalità delle presunte vittime, che si sono trovate costrette a respingere i giornalisti dalla loro abitazione.

L’Associazione ritiene questo episodio di una gravità estrema, oltre che violento nei confronti di coloro che in questo momento hanno il diritto di decidere in quanto presunte vittime, i limiti della propria privacy, che invece è stata indebitamente invasa, e si riserva – a meno che l’Autorità giudiziaria, data la gravità dei fatti non decida di procedere autonomamente – di valutare eventuali iniziative utili ad accertare eventuali reati punibili secondo Articolo 379 bis Codice penale.

Francesco Zanardi

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