Il saggio, pur patendo la critica, la trasforma in oggetto di costruttiva riflessione. Una virtù dell’essere umano.

A oramai più di vent’anni dall’inizio dello scandalo dei preti pedofili invece, da sempre più irritazione quando i diretti interessati, le vittime, reclamano l’impunità sistematica dei loro carnefici e l’inerzia, che di conseguenza le ha portate a non ottenere, malgrado i tanti proclami, nessuna giustizia per quanto subito.

È un dato di fatto che la chiesa non ne abbia mai risarcita una sola, quelle poche risarcite, lo sono state grazie ai tribunali civili, non a quelli tanto propagandati della chiesa, come è un dato di fatto, che fin troppo spesso, a fronte delle condanne dei tribunali civili, la chiesa assolva.

Una dinamica inspiegabile? O forse spiegabilissima?

Direi umanamente molto spiegabile, da ambo le parti.

Mentre vent’anni fa, emergevano i primi casi e da parte sia delle vittime che dei cattolici si vedeva una luce in fondo al tunnel che dava la speranza che al collo di chi abusava venisse messa una macina, oggi quella luce, dopo tanti fallimenti e reticenze della chiesa, più nessuno la vede.

D’altra parte, nei fatti, in questi venti e più anni, al di là dell’indignazione, in Italia non si è mai visto un ministro della chiesa battere i pugni per rendere alle vittime giustizia. A differenza degli altri paesi, non si sono mai visti neppure i cattolici, ancor meno i sacerdoti, scendere in piazza per reclamare giustizia per le vittime, o almeno pulizia per l’istituzione in cui credono.

Neppure durante il summit in Vaticano che nel febbraio 2019 ha visto i vescovi di tutto il mondo riunirsi in un mediatico tentativo di soluzione del problema, al fianco delle vittime, non si sono visti ne i cattolici ne i sacerdoti, tranne qualche genitore di vittime e qualche ex sacerdote.

Un’inerzia ventennale che della pedofilia nella chiesa, ha fatto come per qualche tribù la sifilide, diventata nel tempo un’afflizioncella senza più grandi controindicazioni.

Afflizioncella con la quale oramai, anche nella chiesa cattolica ci si è abituati e si convive tranquillamente. Ed è qui che arriva l’irritazione per le vittime, che oramai certe di non avere alcuna speranza di ottenere neppure un tenue risarcimento dalla chiesa, non per forza economico, ma almeno umano, gridano, spesso anche con rabbia, forse eccessiva ma fin troppo motivata, l’ingiustizia subita, e il ripetersi dello stupro, che si rinnova nel non ottenere giustizia vedersi usati dal Vaticano, come una sorta di propaganda.

Certo, spesso le vittime sbagliano nei modi, ma il dolore dentro loro non è da poco e va compreso, ancor di più quando queste continuano a mantenere la fede.

Ed è qui che il saggio dovrebbe non limitarsi a patire la critica e lo sfogo, dando prova della propria saggezza, comprendendo da dove quella critica nasce e il perché, facendone non solo tesoro, ma strumento di cambiamento che ridia credibilità ad un’istituzione che oramai non la è più.

Trasformata oramai nella cattiva massaia, che nasconde lo sporco sotto il tappeto, pretende che gli altri vedano la casa pulita, non capendo che quello sporco sotto il tappeto, anche se nascosto alla vista, prima o poi produrrà odore che si sentirà ancora di più dello sporco lasciato in bella vista.

Francesco Zanardi

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