Non perché gli stimoli non ci fossero, ma ho impiegato dieci anni prima di scrivere questa biografia, che oggi, diversamente da allora ha un contributo decisamente maggiore nei suoi contenuti, un po’ come accade per le cose che con la stagionatura acquistano maggiore qualità.
Il ritardo in realtà è dovuto al fatto che non volevo scrivere di me, volevo che fosse qualcun altro a scrivere ciò che vedeva di me e l’attesa ha portato a mio avviso un ulteriore valore aggiunto, perché a scrivere la biografia di un ateo che combatte da dieci anni la pedofilia nel clero, è una donna cattolica, madre di una vittima.
Il libro infatti è scritto a quattro mani, da Cristina Balestrini (già autrice del libro “Chiesa: perché mi fai male?”) che racconta molte delle tappe e delle difficoltà che la mia vita ha avuto dopo le violenze sessuali, anche alla luce della sua consapevolezza che, purtroppo, con l’esperienza del figlio, pur restando cattolica, ha toccato concretamente prendendo atto di quella che ancora oggi è la triste realtà.
Più tecniche le parti che io ho editato, frutto non solo della decennale esperienza in materia, ma mi permetto di vantarne le più di 900 vittime, passate in questi dieci anni per l’associazione che ho fondato, l’unica in Italia, la Rete L’ABUSO, che in qualche modo mi hanno aiutato a farmi un’idea molto precisa, purtroppo, di come sia, al di la dei proclami del Pontefice di turno, la reale posizione del Vaticano rispetto alle sue vittime e ai suoi criminali, che preferisce ancora oggi chiamare peccatori.
La prefazione è di Federico Tulli, caro amico col quale da anni collaboro e che nella sua umiltà si dichiara un giornalista, ma a mio avviso non gli rende onore in quanto ritengo uno dei rari giornalisti di inchiesta sopravvissuti nel nostro paese.
Agli albori del mio impegno civile in questa battaglia, Federico usciva col suo primo libro in materia, “Chiesa e pedofilia”, pochi anni dopo con un altro testo, più specifico del nostro paese, “Chiesa e pedofilia, il caso italiano” e nel 2019, con la giornalista Emanuela Provera, già autrice del testo “Dentro l’Opus dei”, questa volta anche con una mia testimonianza diretta, partendo proprio dal bagaglio documentale maturato negli anni, con il libro edito da Chiarelettere “Giustizia divina”.
L’importanza di questo testo, per me, non è quella di raccontare il triste destino di chi ha la sfortuna di subire degli abusi, quello è un dato di fatto, in questo caso vissuto anche nel personale che ho voluto rendere pubblico, non solo per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo grande problema sociale, ma per fare comprendere al tempo stesso, quelle che sono e sono state le gravi responsabilità, anche dei Governi, che in Italia si sono succeduti dal 2000.
L’atteggiamento della chiesa, nel nostro paese, trova la sponda di uno Stato, che a differenza degli altri, in venti anni non ha preso ancora oggi una posizione forte in tutela dei cittadini minorenni e la chiesa si è semplicemente adeguata.
Mentre nel mondo vediamo i vari Governi prendere provvedimenti in tutela dei propri cittadini, in Italia ricordiamo un unico intervento delle Istituzioni, nel 2010, quando la massima carica istituzionale, Giorgio Napolitano, all’epoca Presidente della Repubblica, a suo seguito il Parlamento, di fronte allo scandalo che proprio nel 2010 investiva l’Europa, diedero sostegno all’allora papa, Joseph Ratzinger, accusando di “complotto ai danni del papa” la stampa, al tempo stesso, senza fare alcun cenno ai cittadini vittime di cui erano responsabili.
Un lavoro immenso in tutela dei minori che trova conferma dalla pesantissima ammonizione del Comitato per i diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite, al quale la Rete L’ABUSO nel gennaio del 2019 – dopo una serie di diffide al Governo – denunciò le gravi inadempienze del Governo con un report , il “Report Giustizia sul “Caso Italia“, al quale le Nazioni Unite, il 28 febbraio del 2019, rispondevano (punto 21 del documento) confermando in toto le inadempienze contestate al Governo che tutt’ora resta latitante.
In ultimo, come da dieci anni cerco di fare, vorrei che questa storia sia un valore per tutte quelle vittime che oggi vivono e subiscono ancora nell’ombra, la scintilla per fare sì che escano come tanti in questi anni, dal ruolo di vittime e inizino per quanto possibile, a ricostruire come ho fatto io, una loro vita.
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