NOTA; per rendere il più sintetica possibile la relazione che segue, correderò dove necessario alle mie affermazioni, il link all’approfondimento ricordando ai colleghi che partecipano al WEBINAR dai vari paesi e nelle rispettive lingue, che oltre al testo della relazione diffuso in italiano in inglese e spagnolo prima dell’incontro, vedrà tutti i link contenuti nel testo e che fanno riferimento al nostro sito, dotati di traduttore multilingua.
WEBINAR ECA Global Justice Project
2° relazione sul “Caso Italia”
Savona, 27 gennaio 2021
Relatore Francesco Zanardi – Rete L’ABUSO Italy
Gentili Colleghe e Colleghi buongiorno e grazie per essere qui
Data la complessità del quadro generale ho pensato per ridurre i tempi di introduzione preliminare, di partire da un fatto storico italiano molto significativo e risalente ad un anno non casuale per l’Europa, il 2010, quando dopo l’Irlanda, a macchia d’olio in tutta l’Unione cominciavano ad emergere casi di abusi su minori da parte del clero a fronte dei quali, i rispettivi governi intervenivano in tutela dei cittadini.
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IL RELATORE ESPONE
ITALIA 16 aprile 2010 dal quotidiano “Il CORRIERE”
“Il governo: «Inqualificabile campagna diffamatoria contro il Papa e la Chiesa»
ROMA – Nel giorno del suo 83mo compleanno, Benedetto XVI ottiene un sostegno pieno e inequivocabile da parte dell’Italia. Il Consiglio dei ministri in un comunicato ha «confermato la solidarietà del governo per l‘inqualificabile campagna diffamatoria contro la Chiesa e il Papa».”
Poche ore dopo anche la massima carica dello Sato, il Garante della Costituzione Italiana, presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si unirà al Governo esprimendo a Benedetto XVI la stessa vicinanza.
Nessuna parola di sostegno per i cittadini italiani rimasti vittime del clero, quasi colpevoli di reclamare i propri diritti costituzionali allo Stato italiano, imbarazzando i suoi rapporti con il Vaticano.
Pochi giorni prima però, un altro fatto inquietante precede quell’appello del Governo.
È il 2 aprile del 2010 quando l’allora Ministro di Grazia e Giustizia Angelino Alfano, manda un’ispezione nell’ufficio di un magistrato di Milano fuori dall’ordinario, Pietro Forno, il più attivo ed esperto pioniere all’epoca nella materia della pedofilia clericale, con già una decina di casi alle spalle. “LA REPUBBLICA” del 2 aprile 2010
Queste tre azioni dettarono chiaramente la posizione dello Stato in rapporto a crimini dei sacerdoti cattolici e la poca attenzione verso le vittime. Un’indicazione che con l’ispezione al Procuratore Pietro Forno arrivò forte e chiara anche alla magistratura.
Quello del 2010 fu il primo e unico intervento delle Istituzioni italiane sui preti pedofili .
Se ben dal 2010 siano cambiati più Governi, con differenti ideologie politiche, nessuno si è mai più interessato a questa “pandemia”, delegando di fatto come vedremo più avanti la gestione della giustizia al clero.
Questa mezza pagina introduttiva di storia italiana, se pur sintetica credo che focalizzi chiaramente quello che per l’Italia, a differenza degli altri Stati Membri dell’UE e non solo, sia stato il punto di partenza. Una situazione che a differenza dei vostri rispettivi paesi di appartenenza, anzichè vedere un Governo che si mobilita per difende il cittadino, vede di fatto l’Italia passiva, sottomessa e incapace di prendere posizione alcuna di fronte ai crimini e al potere di uno stato estero. Con tutte le conseguenze del caso che vanno ben oltre come vedremo.
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- ITALIA 21 gennaio 2021
Io oggi, sono tra i fondatori di ECA, questa elite internazionale di attivisti e professionisti specializzati nella tutela delle vittime del clero. Vittima di abusi nasco nel 2010 con la Rete L’ABUSO, 11 anni dopo illuminante il fatto che siamo ancora l’unica associazione di sopravvissuti agli abusi del clero esistente in Italia. Un dato che ancora oggi riflette il clima invariato dal 2010.
La mappa che vi invito a consultare via web mentre vi illustro il contenuto (è completamente interattiva, cliccando sui segnaposto si aprirà la scheda del rispettivo caso. Vai a questo link https://retelabuso.org/diocesi-non-sicure/ ), raccoglie i casi degli ultimi 15 – 16 anni e solamente quelli italiani censiti dalla cronaca. Ricordo ai colleghi che qui in Italia oggi, non esiste la disponibilità di un dato ufficiale del Governo, l’unico dato esistente purtroppo è ancora quello che diamo noi di Rete L’ABUSO.
Ma iniziamo con la mappa, anche se parziale e in palese difetto, allo stato attuale tuttavia in Italia sono noti;
PUNTINI GIALLI – 145 tra sacerdoti indagati o di cui non si è più avuta alcuna notizia, sia di condanna che di assoluzione.
PUNTINI ROSSI – 157 sacerdoti connati in via definitiva (3° grado di giudizio)
PUNTINI NERI – 10, anche se premetto che questa sezione è poco curata per mancanza di notizie, questi sono sacerdoti stranieri rifugiati sotto l’ala vaticana in Italia.
QUADRATI BLU – 22 strutture riabilitative (almeno quelle oggi a noi note) sul territorio italiano gestite autonomamente dal clero. Non mi dilungo su come la Rete L’ABUSO arrivò a scoprire le prime strutture, in questo contesto è irrilevante. Sottolineo però che la nostra iniziale inchiesta è stata riverificata integralmente dal giornalista Federico Tulli, presente in questa seduta e invitato in qualità di giornalista e redattore per fare un quadro sul livello di informazione nel paese e sulla qualità della Stampa italiana, come vedremo altro punto cardine del problema che esporrà nel suo spazio.
Ho aperto la parentesi sul collega Federico Tulli perchè oltre ad aver prodotto tre libri sulla materia, ha revisionato e integrato la ricerca su queste strutture e prodotto il terzo libro di approfondimento, che svela una vera e propria beffa alle vittime e alla giustizia.
Iniziai a sospettare all’incirca nel 2013 che queste strutture fungessero da escamotage, per evitare senza mezzi termini il carcere ai preti.
Mi diedero persino del folle, quando di fronte ai riscontri risultò palese che ci fosse una sorta di tacito accordo tra Stato e Chiesa, che creasse agli occhi dell’opinione pubblica il così detto “specchietto per le allodole” – perché in realtà quei preti messi ai domiciliari in quelle strutture della chiesa, per esempio contrariamente a quello che accade a tutti cittadini italiani agli arresti domiciliari, monitorati a qualunque ora del giorno e della notte. I preti in queste strutture invece, vengono affidati direttamente dall’Autorità Giudiziaria alla chiesa, che subentra di fatto al controllo dello Stato italiano. Originale e al quanto curiosa la motivazione data questa volta ad EURONEWS da Marco Ermes Luparia, uno degli psicologi Diaconi che operano in queste strutture. Commovente la preoccupazione per la riabilitazione psicologica del prete per la quale lo stesso Luparia sottolinea l’importanza che lo Stato eviti che sacerdote vada in carcere perché oltre alla sofferenza, comprometterebbe seriamente la sua riabilitazione. Altrettanto disarmante il fatto che non venga posta almeno la stessa preoccupazione per le vittime di quei preti.
Pene carcerarie agli occhi dell’opinione pubblica ma in realtà, una villeggiatura per il condannato, che non ha neppure più l’onere della messa, lasciato in piena libertà di movimento come conferma la storia di don Ruggero Conti. Condannato al massimo della pena (per l’Italia) 15 anni e due mesi per aver abusato sessualmente di sette bambini tra i 10 e i 12 anni, poi affidato dalla Giustizia italiana al clero, finito in una di queste strutture vicino a Roma (tra le altre cose frequentata da adolescenti) dove teoricamente avrebbe dovuto scontare gli arresti. Un luogo così poco controllato che una mattina ha deciso di lasciare Roma per tornare a Milano. A sua disposizione parecchio denaro contante da potersi permettere addirittura un taxi da Roma. Non ha dovuto fare altro che chiamarlo con il cellulare in suo possesso ed è partito in tutta tranquillità. Naturalmente la vicenda si è poi risolta come nulla fosse riportando il prete a Roma. Non si ha notizia che gli siano stati revocati i domiciliari o che siano stati perseguiti dalla Giustizia italiana, coloro che lo avevano in affido o che lo hanno aiutato nella fuga.
L’approfondimento fatto dal collega Tulli e da Emanuela Provera, oltre ad ampliare il numero di queste strutture a 22, ha confermato la tesi con un colpo di genio dei due colleghi, che nel 2018 hanno deciso di fare la “prova del 9 interrogando” – tolte le carceri minorili e femminili – le restanti 191 strutture maschili italiane.
Risultò su 157 casi – PUNTINI ROSSI condanne definitive sulla mappa – che nell’ottobre del 2018, ospiti nelle carceri italiane risultavano solo 5 sacerdoti, di cui uno solo condannato per pedofilia.
In assenza di dati dello Stato, sulla base di quelli raccolti nel decennio di attività della Rete L’ABUSO in Italia, emerge che circa l’80% dei procedimenti penali finiscano archiviati per improcedibilità dovuta a moltissime problematiche. Di fatto un autentico fallimento della giustizia.
Temo in oltre cari colleghi, che i 300 casi della nostra mappa siano pressapoco il 10% della punta dell’iceberg italiano e malgrado sia pur vero che l’Italia fino ad oggi abbia volutamente omesso una quantificazione a livello nazionale, è anche vero che tuttavia Australia, Belgio, Canada, Germania, Gran Bretania, Polonia e via dicendo, abbiano quantificato con esiti molto simili tra loro il fenomeno.
Da qui, il collega irlandese Mark Vincent Healy esperto di statistiche, ha prodotto apposta per Rete L’ABUSO, in assenza di un dato italiano, sulla base dei dati percentuali emersi dalle commissioni governative di inchiesta effettuate negli altri paesi, una proiezione attendibile del dato italiano calcolato sulla base della popolazione cattolica, il numero dei sacerdoti (parecchio più alto in Italia 50.000) e poi rapportandolo ai dati percentuali prodotti dai paesi che hanno censito un dato. Il risultato è che la portata degli abusi in Italia ha il potenziale più grande di qualsiasi paese. Può variare secondo 2 studi – quello di Richard Sipe, (frate Benedettino e psicoterapista) e quello di padre Andrew M. Greeley, (Professore di sociologia all’Università di Chicago) – da un minimo di 200.000 attuali vittime a un 1.000.000, solo in Italia. Qui la proiezione integrale https://wp.me/p8ayDC-lBu
I dati esposti sopra naturalmente li abbiamo in più istanze comunicati al Governo, che però non ha mai risposto, evidenziando purtroppo un altro macroscopico problema cardine, l’accesso alle istituzione da parte di cittadini o associazioni che li rappresentano. Tutto questo avviene malgrado una interrogazione parlamentare ottenuta dopo anni di proposte ai vari esponenti politici che puntualmente hanno glissato. Poi depositata da colui che di fatto fu l’unico interlocutore su 965 parlamentari (l’Onorevole Matteo Mantero) che ha dato attenzione al problema, ma che dal 27 novembre 2017 la vede giacere impolverata e priva persino di una calendarizzazione, sugli scaffali della Repubblica.
Concludo qui il primo punto e passo al successivo
- Prima di arrivare al report “Italia” trattato a Ginevra il 25 e 26 gennaio 2019 nell’80 sezione e alla successiva risposta che il Comitato ha dato a quell’istanza, voglio citare “l’esemplare” ratifica “all’italiana” della Convenzione di Lanzarote, in quanto ha più sfaccettature sull’applicazione del legislatore che ha favorito ancora una volta i carnefici alle vittime.
Oltre al danno va rilevato anche l’effetto collaterale, in quanto il legislatore per passare l’approvazione costituzionale, non potendo escludere solo il clero – contestabile privilegio – ha escluso l’intera categoria alla quale il clero appartiene e, ancor più grave il fatto che questa, nel contesto laico sia quella del volontariato, storicamente la più a rischio. Di fatto la norma così applicata non solo è snaturata in quanto fallisce la sua funzione principale preventiva. La stessa norma così applicata suggerisce paradossalmente al predatore il terreno di caccia “il volontariato”.
Il secondo aspetto è l’introduzione della audizione protetta della vittima, che nell’applicazione italiana della Convenzione di Lanzarote crea un doppio problema, il primo direttamente relativo alla Convenzione, il secondo invece alle garanzie costituzionali della vittima.
Come tutti sapete bene, l’ultimo Motu proprio Vos Estis lux Mundi ufficializza e introduce i famosi sportelli diocesani per le vittime. Non so nei vostri rispettivi paesi ma in Italia presenti oramai in tutte le diocesi. Ogni sportello ha poi al suo interno una commissione laica, composta da ex professionisti in pensione, Medici psicologi ecc. accreditati in quanto ex professionisti, oggi svincolati da obblighi d’ufficio come quello della denuncia quando si viene a conoscenza di una violenza sessuale su un minore.
E qui emergono chiaramente due quadri inquietanti:
Il primo riguarda il Lanzarote, in quanto le audizioni delle vittime che si presentano alle diocesi, sono effettuate da volontari, non si sa bene con quali qualifiche, quali procedure e garanzie per l’utente, che agiscono di fatto sopra le regole di tutela del cittadino, in assenza di audizione protetta anche durante l’ istruttoria canonica, nella quale gli viene negata persino l’assistenza del proprio difensore di fiducia.
Come abbiamo detto pocanzi, queste commissioni diocesane hanno al loro interno anche un consulente avvocato, colui che nel caso la vittima delusa dal risultato canonico decidesse di rivolgersi alla magistratura, probabilmente difenderà direttamente o meno, in quest’altra sede, non più la vittima, ma prete e diocesi.
Ora a prescindere dal fatto che sia lui in prima persona a sentire la vittima o un altro componente della commissione diocesana, sta di fatto che in queste audizioni NON PROTETTE si acquisiscano i particolari strategici, come per esempio la narrazione dell’evento da parte della vittima, che viene anche redatta dall’operatore e fatta poi sottoscrivere. Dichiarazione che successivamente, in quanto membro o consulente della commissione, l’avvocato della diocesi non solo ha nella sua disponibilità, ma potrebbe addirittura usarla in un processo italiano, in quanto non esiste in quella sede una regolamentazione che garantisca allo sventurato cittadino che vi si presenta, quale sia il limite o quale uso possa o non possa essere fatto di quei dati.
Dichiarazione che per esempio, in una successiva citazione in sede civile potrebbe addirittura determinare il momento in cui la vittima ha raggiunto consapevolezza del danno, quindi far decadere a suo danno i termini prescrittivi (che in Italia sono tra l’altro davvero molto ridotti) entro i quali la vittima può reclamare giustizia in un tribunale italiano. Di fatto basta far perdere tempo alla vittima nell’attesa di un giudizio ecclesiastico e questa non potrà più reclamare alcun diritto.
A riprova della più totale drammaticità della situazione dovuta unicamente alle inadempienze di uno Stato complice della pedofilia dei preti da ben 11 anni, l’ultimo caso italiano che risale a poche settimane fa, del quale Rete L’ABUSO si sta occupando, quello di ENNA (Sicilia) che solo nei titoli si sintetizza da se;
“Denuncia gli abusi alla diocesi che trasferisce al nord il prete, la vittima si rivolge alla polizia”. La presunta vittima denunciava da anni alle autorità ecclesiastiche “Pedofilia Enna, tutte le denunce della presunta vittima”.
E grazie al salvagente dell’articolo 4, punto 4 dei Patti Lateranensi, il vescovo che lo ha spostato, oltre a non essere tenuto a rilasciare dichiarazioni alla magistratura, semplicemente dichiarando che quelle informazioni sono riservate in quanto appartenenti al proprio ministero, ed ecco qui che l’ecclesiastico non è neppure coimputato, ma un semplice testimone col privilegio di poter tacere al magistrato.
Vi chiedo ancora un attimo di pazienza e concludo con l’ultimo capitolo
3) Il comitato per la tutela dell’infanzia delle Nazioni Unite;
a seguito dell’istanza della Rete L’ABUSO, nel febbraio 2019 ha rilasciato all’Italia raccomandazioni che tranne il primo punto “Osservatorio per contrastare la pedofilia e la pornografia infantile” apparentemente positivo, devo fare un mea culpa in quanto nel report che presentai nel 2019 all’ONU dimenticai di articolare le gravi problematiche anche dentro l’osservatorio dello Stato italiano, il quale tra le altre cose vede al suo interno come consulente (presumibilmente anche retribuito) un prete cattolico che non ha mai denunciato un collega pedofilo, perché ancora oggi in base anche all’ultimo motu proprio del papa non può. Osservatorio quasi virtuale, privo di iniziative concrete a livello nazionale, privo di dialogo con le realtà locali e praticamente inutile in quanto complici alcuni miei colleghi, abbiamo chiesto i dati, che l’osservatorio non è stato in grado di produrre.
Qui le evidenze emerse dalla mia indagine del 2016 sull’osservatorio. https://wp.me/p8ayDC-i6G
Chiusa parentesi, prima di proseguire con le raccomandazioni emanate del C.R.C. all’Italia, che faccio notare ha in comune con il Vaticano non solo la spiccata passione per i preti pedofili, ma anche il vizio sottoscrivere accordi di cui poi non se ne assume l’onere, come nel caso della Convenzione di Lanzarote e quella per i diritti dell’infanzia, che dal Vaticano attende risposta dal maggio 2018 e dall’Italia dal febbraio 2019.
Situazioni sulle quali colleghi voglio stimolare una riflessione sul fatto che forse il Comitato dovrebbe prendere una posizione forte in quanto, come ampliamente dimostra il caso italiano, sono state sottoscritte quasi in malafede e sembrerebbe come unico fine quello del solo accredito.
Con questo puntualizzo a scanso di equivoci in particolare ai colleghi delle Nazioni Unite presenti, che la mia non è affatto una critica alla Convenzione, tutt’altro, voglio sottolineare in questo particolare caso italiano la sua importanza, in quanto nella più totale latitanza delle Istituzioni, la Convenzione è l’unica realtà alla quale fortunatamente ci possiamo appoggiare.
Per questo sollevavo la riflessione colleghi, per sottolineare soprattutto in questo oramai lungo momento di “stallo italiano” che dura da 11 anni e, che già da due o tre, l’associazione che presiedo di fatto sta assistendo – oltre ai sopravvissuti rimasti vittime decenni addietro – anche vittime abusate dopo il 2010 dai preti e dall’inerzia dello Stato italiano che non solo restando inerme lo ha permesso, ma che ancora oggi non rende loro nemmeno giustizia.
Lampante e con molte più sfaccettature di quelle che citerò, è il caso del nostro assistito Alessandro Battaglia (caso don Mauro Galli condannato a 6 anni e 4 mesi in primo grado e assolto dalla chiesa), dove si, è vero che la vittima è stata risarcita (fortunatamente), ma soli 100.00€ (contro i 450.000€ previsti dalle tabelle) e in più, risarcita non per danno subito, ma per non farla costituire parte civile nel processo, e lasciare fuori dai guai e dalla stampa, diocesi e vescovo. Un accordo tra le parti talmente angoscioso che lo stesso Pubblico Ministero Lucia Minutella, contesta nella palese insufficienza persino in sede processuale.
Scusate se mi sono dilungato ma era necessario e concludo dicendo che se pur perfettamente cosciente che l’ONU in questo caso non ha un potere coercitivo nei confronti dell’Italia, date le gravissime evidenze emerse che al di la dei trattati stipulati, disegnano soprattutto nella loro applicazione una situazione drammatica sulla quale ritengo, quanto meno ci sia la pretesa che quanto già applicato e ratificato, sia rivisto e riapplicato in modo efficace che possa essere realmente preventivo.
Fine del report, grazie a tutti per l’attenzione – Zanardi
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Di seguito le raccomandazione all’Italia del febbraio 2019 nelle conclusioni appurate dalle Nazioni Unite e sulle quali l’Italia oggi ancora non è intervenuta.
- Accoglie favorevolmente il piano nazionale per la prevenzione e la lotta contro gli abusi e lo sfruttamento sessuale dei bambini 2015-2017 e la rivitalizzazione dell’Osservatorio per contrastare la pedofilia e la pornografia infantile, il Comitato è preoccupato per i numerosi casi di bambini vittime di abusi sessuali da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica nel territorio dello Stato Membro e per il basso numero di indagini criminali e azioni penali da parte della magistratura italiana. Con riferimento alle sue precedenti raccomandazioni (CRC / C / ITA / CO / 3-4, par. 75) e al commento generale n. 13 (2011) sul diritto del bambino alla libertà e contro tutte le forme di violenza nei suoi confronti e prendendo atto dell’Obiettivo 16.2 per lo Sviluppo Sostenibile, il Comitato raccomanda all’Italia di:
(a) Adottare, con il coinvolgimento attivo dei bambini, un nuovo piano nazionale per prevenire e combattere l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei bambini e assicurarne l’uniforme implementazione su tutto il suo territorio e a tutti i livelli di governo;
(b) Istituire una commissione d’inchiesta indipendente e imparziale per esaminare tutti i casi di abuso sessuale di bambini da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica;
(c) Garantire l’indagine trasparente ed efficace di tutti i casi di violenza sessuale presumibilmente commessi da personale religioso della Chiesa Cattolica, il perseguimento dei presunti autori, l’adeguata punizione penale di coloro che sono stati giudicati colpevoli, e il risarcimento e la riabilitazione delle vittime minorenni, comprese coloro che sono diventate adulte;
(d) Stabilire canali sensibili ai bambini, per i bambini e altri, per riferire sulle violenze subite;
(e) Proteggere i bambini da ulteriori abusi, tra l’altro assicurando che alle persone condannate per abuso di minori sia impedito e dissuaso il contatto con i bambini, in particolare a livello professionale;
(f) Intraprendere tutti gli sforzi nei confronti della Santa Sede per rimuovere gli ostacoli all’efficacia dei procedimenti penali contro il personale religioso della Chiesa Cattolica sospettato di violenza su minori, in particolare nei Patti Lateranensi rivisti nel 1985, per combattere l’impunità di tali atti;
(g) Rendere obbligatorio per tutti, anche per il personale religioso della Chiesa Cattolica, la segnalazione di qualsiasi caso di presunta violenza su minori alle autorità competenti dello Stato Membro;
(h) Modificare la legislazione che attua la Convenzione di Lanzarote in modo da garantire che non escluda il volontariato, compreso il personale religioso della Chiesa Cattolica, dai suoi strumenti di prevenzione e protezione.
Raccomandazioni ONU report completo QUI
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