Il 4 febbraio scorso la Rete L’ABUSO presentava un’istanza al Garante per la protezione dei dati personali al quale chiedeva di verificare una evidente violazione delle garanzie dei cittadini vittime di abusi sessuali da parte del clero, che a seguito della campagna mediatica portata avanti da papa Francesco, si rivolgono sempre più spesso a questi sportelli presenti in ogni diocesi italiana.

Violazioni a danno della stessa vittima che si rivolge a questi sportelli per chiedere aiuto e che invece rischia non solo di compromettere un eventuale futuro processo in un Tribunale italiano, ma di fornire a “sua insaputa”, informazioni importanti, che potrebbero addirittura essere usate contro la stessa vittima.

Il macroscopico è più che evidente vuoto, il solo fatto che la vittima non possa far presenziare il suo difensore di fiducia; che rilasci dichiarazioni che vengono poi fatte sottoscrivere; che non venga fornita copia al dichiarante, è già più che sufficiente per contestare la dubbia trasparenza di questi uffici e il conseguente rischio al quale la vittima NON INFORMATA si sottopone, senza sapere che uso verrà fatto delle dichiarazioni e dei dati.

Il fatto che un’associazione con una rappresentatività di persone maggiormente fragili come quelle che si rivolgono alla Rete L’ABUSO avanzi una contestazione di questa gravità al Garante, dovrebbe attivarlo ben di più che una richiesta di rimozione di un articolo come quelle che lo stesso Garante manda a noi. Francamente ci aspettavamo che il Garante procedesse, al massimo potesse rispondere che avremmo dovuto riformulare l’istanza a un altro Ufficio più specifico e invece, a distanza di più di un mese, dopo un sollecito nel quale si chiedeva semplicemente venisse comunicato almeno il numero di protocollo del procedimento nulla, nessuna risposta dal Garante tranne le ricevute delle pec.

Un Garante che parrebbe non voler essere Garante dei cittadini vittime del clero.

Francesco Zanardi

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