Le anomalie giuridiche italiane – «La Rete L’Abuso con 1.400 casi all’attivo da 12 anni è l’unico osservatorio di dati esistente in Italia», ha detto Francesco Zanardi, fondatore e presidente della Rete L’Abuso. «Lavoro lungo e difficile, che non sarebbe spettato a noi, costato al sottoscritto decine di querele ma nel vuoto purtroppo ci siamo dovuti assumere l’impegno, per poter tutelare altri.
Oggi siamo rappresentanti per l’Italia di ECA Global, presente in 42 Paesi, riconosciuti presso Nazioni Unite». Recenti casi di abusi dimostrano come gli sforzi di papa Francesco (in particolare con il motu proprio Vos estis lux mundi) si siano rivelati inutili, prosegue Zanardi: i vescovi non obbediscono alle prescrizioni ma non vengono puniti. Leggi deboli hanno favorito il trasferimento in Italia dei pedofili. Una commissione della Chiesa anche se perfetta oggi non è più credibile, ne serve una indipendente che assicuri imparzialità. L’imputato non può fare anche da giudice.
«In Italia – ha spiegato Zanardi – la situazione è complessa in confronto ad altri Paesi; El País ha raccolto 250 casi in 7 decenni, la magistratura ha aperto un’indagine autonoma. In Italia il database della Rete l’Abuso dimostra 360 casi in 15 anni. Serve dunque un intervento dello Stato. Il Rapporto CIASE in Francia parla di 216.000 vittime e 3.000 preti coinvolti; in Francia i preti sono 22.000, in Italia 52.000; se la percentuale media del mondo è di 7-8% di preti pedofili, in Italia sono stimati un milione. Serve adeguare le leggi; sono state avanzate istanze allo Stato e all’ONU, ma il numero di indagini e azioni penali della magistratura è basso: se la vittima è prescritta non scatta nessuna indagine e salta la prevenzione».
Serve poi estendere a tutti il certificato anti-pedofilia (che il datore di lavoro è obbligato a richiedere ai neoassunti nel campo di attività con minori), applicandolo a tutto l’indotto del volontariato che svolge attività con minori; la prescrizione, poi, «non è adeguata alla maturazione del trauma da parte della vittima»; si chiede al legislatore «di dare la possibilità di denunciare a tutti cittadini, dal parroco al catechista, a chiunque abbia dei sospetti ». Sarebbe già una svolta. Paradossalmente la soluzione risolverebbe ostacoli posti dai Patti lateranensi come l’art. 4.
Se oggi il papa introducesse per i vescovi italiani l’obbligo di denuncia, questi non saprebbero come procedere. Bisogna inoltre attuare un programma di risarcimenti e di programmi di riabilitazione delle vittime. Gli sportelli diocesani non sono conformi alla Convenzione di Lanzarote, che prevede che la vittima, quando viene sentita in un tribunale, anche in quelli diocesani, sia accompagnata da un medico che ne attesta anche l’attendibilità. Nei tribunali diocesani non si portano neanche gli avvocati».
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