Un incubo che da un giorno all’altro ha cambiato la vita di un’intera famiglia che non sa come spiegare a un ragazzino di 13 anni quello che è successo e, che senza mezzi per capire, da un giorno all’altro ha scoperto che quelle strane attenzioni del sacerdote erano stupri.
Don Livio Graziano è agli arresti domiciliari dal 26 ottobre scorso, mentre continua in tribunale il processo che lo vede imputato di violenza sessuale ai danni di un bambino, che dopo avere capito in parte di avere subito il tradimento più brutto e violento che un adulto possa fare, vive un comprensibile stato di confusione e di ansia, nell’impotenza più totale dovuta all’età.
A turbare ulteriormente il già fragile clima familiare è quanto accaduto agli inizi di giugno, quando improvvisamente qualcuno violerà l’account Facebook e Google della presunta vittima, che si accorgerà di una trentina di accessi anomali registrati e continuati già da diverso tempo, effettuati da dispositivi Apple che non possiede, tutti provenienti dallo stesso indirizzo IP, riconducibile alla zona dove oggi è agli arresti domiciliari il sacerdote. Ma questo non vuole dire che l’artefice sia per forza lui, se non fino a quando questo non sarà dimostrato.
Le presunte molestie continuano pochi giorni dopo, quando la presunta vittima ed i suoi familiari notano da un profilo Google omonimo a quello del sacerdote, alcune emoticon di apprezzamento recenti, sulle foto del ragazzo.
Nei giorni scorsi sono state formalizzate dalla famiglia due querele contro ignoti per fare luce sui responsabili, seguite da una istanza del difensore del ragazzo al Pubblico Ministero.
Francesco Zanardi
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