Proprio in questi giorni papa Francesco è in Canada per porgere le scuse ai nativi per il genocidio nelle “scuole residenziali”, una rete di scuole fondate dal governo e amministrate dalle Chiese cattoliche.

Mentre in Canada i sopravvissuti vogliono non le scuse, ma i documenti, i registri per sapere chi e dove sono sepolti i corpi delle loro famiglie e cercare di uscire in qualche modo da questo incubo, in Italia…

Da anni stiamo sempre più affidando attraverso le amministrazioni pubbliche, in particolare quelle locali, servizi che riguardano in particolare minori. Moltissimi, gestiti dal clero o da surrogati al quale fanno riferimento. Naturalmente non c’è nulla di caritatevole, i comuni e le regioni li sovvenzionano abbondantemente, togliendo ai servizi pubblici oramai quasi azzerati nel paese.

Ma questa è solo una triste realtà italiana, stando all’inchiesta UAAR l’Italia elargisce ogni anno alla chiesa cattolica più di sei miliardi. Una cifra che se investita nel pubblico sicuramente eviterebbe a chi va nelle scuole pubbliche, non solo di portarsi la carta igienica da casa.

La differenza tra l’Italia e il Canada, sta nel fatto che li spesso i nativi erano costretti ad entrare nelle scuole residenziali. In Italia non c’è una coercizione, a cui supplisce però l’attuale crisi economica, che se pur in un’altra forma, di fatto costringe le tante famiglie in crisi, in assenza di una alternativa pubblica statale, ad affidare a questi servizi parastatali indicati dalle amministrazioni locali i propri figli.

Al di la della triste facciata, ora è importante entrare nel vero problema introdotto sopra, ma qui riguarda non l’aspetto economico, più importante chi poi sarà tutore di quei bambini e con quali qualifiche.

L’Italia (denunciata nuovamente alle Nazioni Unite nel febbraio scorso dalla Rete L’ABUSO sulla base del Protocollo OPIC che da facoltà in caso di gravi inadempienze, l’avvio di un’indagine da parte dell’organo di controllo Garante sovranazionale) è stata riconosciuta inadempiente già nel 2019 dal Comitato per la tutela dell’infanzia delle Nazioni Unite e anche se ignorata dai riflettori dei media, stando ad Agenzia NOVA, pochi giorni fa – non proprio così inattesa – l’Italia ed altri 3 paesi sarebbero stati messi in mora dalla Commissione UE, proprio per inadempienze in merito al rispetto della direttiva sulla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, di cui è titolare il Ministero delle Pari Opportunità, Ministro uscente Elena Bonetti.

Ma mentre l’Onu, nel suo report del 2019 ha analizzato sia lo stato generale della situazione dei bambini in Italia, riservando al punto 21 le risposte specifiche all’istanza della Rete L’ABUSO sulle problematiche riguardanti l’area specifica del clero, contenute nel nostro report iniziale, la messa in mora di cui parla Agenzia NOVA è un atto di carattere più generale, cioè che non riguarda la specifica area del clero, ma la situazione di pericolo a cui ogni bambino che è sul suolo dello Stato membro o vi entra anche solo temporaneamente per una vacanza con la famiglia, è sottoposto.

Entrando ora nella specifica area del clero andiamo a vedere quali criticità che vi accorgerete essere gravi, vanno ad aggiungersi a quelle già dette sopra.

In Italia manca un obbligo di denuncia per tutti i cittadini oltre a vuoti di vario genere, ma uno dei nodi cruciali è quel vuoto lasciato al decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39, ovvero il Certificato penale antipedofilia, emanato in attuazione della direttiva 2011/93/UE.

Solo in Italia (come contesta oltre al Comitato ONU anche l’Onorevole Matteo Mantero in una Interrogazione parlamentare chiesta dalla Rete L’ABUSO e inascoltata dal novembre del 2017) troverebbe applicazione in tutte le scuole o strutture per minori gestite dalla cosa pubblica o privata, ma stranamente, nel nostro paese si nota che il Legislatore ha voluto sollevare dall’obbligo di questo importante “strumento di prevenzione”, tutti coloro che non hanno un contratto continuato (esempio gli stagionali) e comunque tutto il mondo del volontariato, paradossalmente quello da sempre più a rischio nell’area civile, al quale appartiene anche il mondo del clero ed il suo indotto.

Cito uno dei casi recentissimi, senza entrare nel merito per rispetto alle indagini. Nell’esperienze sessuali che ogni undicenne fa, questo viene sorpreso con un amico dai genitori, che dopo diverse vicissitudini, preoccupati si rivolgono per un consulto ad una struttura terapeutica per minori alla quale spesso vengono affidati anche dal tribunale, gestita da un sacerdote, tra le tante come dicevamo all’inizio, caritatevolmente finanziate dal pubblico. La chiesa sapeva dei problemi del prete, già trasferito da un’altra diocesi anni prima per via delle sue tendenze pedofile. Di come sia finito il consulto credo non sia il caso di spendere parole.

Questo è uno degli aspetti, che forse essendo il sacerdote già stato denunciato anni prima alla magistratura, il Certificato penale antipedofilia avrebbe quasi certamente evitato.

Ma questo è l’aspetto più superficiale del vuoto lasciato dalla disapplicazione del certificato, ce n’è uno ben più subdolo e basta provare a mettersi pochi secondi nei panni di un pedofilo per comprenderlo.

Non a caso chiamati predatori, si muovono con attenzione e lucidità, studiano preda e l’ambiente e sanno (soprattutto se pregiudicati per questi reati) che non possono inserirsi in nessuno degli ambienti dove esige il certificato. Sanno però di avere tutto l’ambiente del volontariato, generalmente popolato da molti minori, anche se però è spesso un pò rischioso, magari qualcuno si accorge e facilmente denuncia.

Sempre nell’ambito del volontariato però sanno di avere anche quello legato al circuito del clero, tradizionalmente e notoriamente omertoso e che mette in primo piano il buon nome dell’istituzione, lasciando come secondaria la salute psicofisica dell’eventuale minore rimasto vittima. Una ulteriore tutela per un predatore che sa che se verrà scoperto, difficilmente sarà denunciato, in quanto l’istituzione tende ad auto tutelarsi e al massimo, lo allontanerà.

Certo non siamo alla drammatica situazione canadese che tuttavia, con altre modalità ha vissuto anche l’Italia – vedi il caso dell’istituto per Sordi Antonio Provolo di Verona le cui vittime non hanno mai ricevuto giustizia o quello delle comunità CARITAS di don Lucio Gatti , il Forteto, Bibbiano ecc. ecc. – ma paradossalmente, mentre in Canada come in tutti gli altri paesi dell’Eurozona c’è stato un allontanamento responsabile dal dare in gestione la cosa pubblica a chi non aveva garanzie e trasparenza per farlo, la tendenza italiana va esattamente all’opposto, con tutti i rischi di un ambiente già di suo compromesso anche dove è maggiormente tutelato, con tutti i vuoti che a questo si vanno ad aggiungere quando si entra in quella enorme area incontrollata (nelle garanzie) che è il volontariato, oggi collettore dei tanti rifugiati che accogliamo nel paese, spesso violati già solo nella loro cultura religiosa, alla quale palesemente ne imponiamo un’altra.

L’Italia deve intervenire in questo o probabilmente tra qualche anno, quando l’oggi verrà preso in considerazione qualcuno chiederà ancora scusa, questa volta però per qualcosa di annunciato e di volutamente ignorato.

Zanardi

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