Un decreto del vescovo di Aversa Angelo Spinillo che vieta a don Livio Graziano l’accesso ad internet. Nulla di strano, anzi più che ragionevole dal momento che il destinatario del provvedimento ecclesiastico è accusato di violenza sessuale ai danni di un infraquattordicenne ed è attualmente agli arresti domiciliari, anche per evitare che possa reiterare l’eventuale crimine. Data l’accusa, è puro buon senso impedire che da recluso possa reiterare attraverso internet.

Eppure, malgrado la tesi non faccia una piega neppure per la diocesi, da settimane sembra impossibile riuscire a comunicare anche solo telefonicamente a don Graziano il decreto del vescovo Spinillo che di fatto, malgrado l’impegno preso dalla CEI in Italia sulla gestione dei casi di abuso su minori, lascia nei fatti da mesi un ragazzino (dopo i presunti abusi sessuali) ancora esposto a molestie di altro genere, dimostrando l’incapacità di gestire i casi di violenza dei propri sacerdoti.

Situazione che venerdì ha portato il Promotore di Giustizia, incaricato del procedimento canonico a don Graziano, a rassegnare le dimissioni, come lui stesso annuncia mortificato.

In un breve scritto, infatti, spiega al padre del giovane che don Livio Graziano avrebbe questa volta ricevuto delle lettere minatorie presso la struttura dove è detenuto ai domiciliari e per questo motivo, forse, la la diocesi non vuole turbarlo ulteriormente con la notifica; anche se in questo modo mette al secondo posto i turbamenti della presunta vittima.

Una struttura che secondo i legali del sacerdote che aveva denunciato precedenti presunte intimidazioni, da come si legge negli atti, sarebbe inadeguata e priva di recinzioni, con i il rischio che qualcuno si possa introdurre e minacciare il sacerdote.

Da fonti interne alla diocesi, il sacerdote avrebbe dovuto ricevere il divieto di accesso ad internet già ad agosto, dopo una denuncia da parte dei genitori del ragazzo che lo scorso giugno si era trovato violati gli account su alcuni social, oltre ad emoticon di apprezzamenti apparentemente riconducibili all’account del sacerdote.

L’indagine dei Carabinieri aveva ricondotto la connessione internet usata alla struttura dove è ai domiciliari don Graziano, ma sfortunatamente non si sono fatte indagini per accertare chi all’interno della struttura l’avesse concretamente utilizzata, vanificando in assenza della prova certa la possibilità che l’A.G. potesse intervenire.

Da qui la richiesta ad intervenire del padre del ragazzo, che nelle scorse settimane era stato ricevuto dal vescovo Spinillo, che in sua presenza aveva contattato la struttura e il successivo decreto di divieto, purtroppo però mai applicato.

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