Il Presidente della CEI Matteo Zuppi ed il portavoce dei sopravvissuti italiani Francesco Zanardi (Rete L’ABUSO), si sono incontrati più volte nei mesi scorsi, fino ad oggi in assoluta riservatezza. Il fine, di trovare tra i sopravvissuti e la chiesa italiana una soluzione dignitosa alla pari degli altri paesi che, diversamente dall’Italia, sono intervenuti in tutta Europa con Commissioni d’inchiesta indipendenti, indennizzi e la realizzazione di canali percorribili di sostegno per chi è rimasto vittima.

La Conferenza Episcopale Italiana è nei fatti controcorrente al resto del mondo, come fatto notare durante la conferenza stampa dal presidente della Rete L’ABUSO al cardinale.

Quella che la CEI ha voluto chiamare “la via italiana”, continua a non essere di alcun interesse e utilità; né per le vittime, né per la collettività. Un metodo utile unicamente alla chiesa italiana per continuare  ad evitare – anche di fronte alle evidenze oramai emerse in tutto il pianeta – un ennesimo scandalo, in questo caso il più grande, in quanto l’Italia ospita il numero più alto al mondo di religiosi.

La via italiana” di Zuppi, da quanto confermato dagli incontri bolognesi avvenuti durante l’estate con Zanardi, sarà discriminatoria verso i sopravvissuti perché, a differenza di quanto accaduto in tutto il mondo, in Italia la chiesa esaminerà solamente gli ultimi venti anni, a differenza dei settanta esaminati nel resto del mondo.

La commissione non sarà indipendente ma dipendente dalla CEI, affidata alla Cattolica e tratterà tutti i casi denunciati nell’ultimo ventennio alle sole diocesi, escludendo tutti quelli denunciati alla giustizia civile, riducendo in realtà quelli delle diocesi, ai soli due anni da quanto sono attivi gli sportelli diocesani che li raccolgono. Dai quali tra le altre cose, come esposto al Cardinale, stanno già cominciando ad arrivare all’associazione le prime vittime deluse.

Non ci sarà nessun indennizzo per le vittime: secondo il cardinale Zuppi questo potrebbe essere un incentivo a denunciare, qualcuno “magari cercandone profitto”.

A differenza dei preti pedofili che godono di più di 23 centri di recupero solo in Italia, anche qui non vi  è nulla per le vittime, tranne un’assistenza offerta da volontari presso gli sportelli diocesani, dove difficilmente i sopravvissuti si recheranno.

Si è parlato naturalmente del pericolo di recidività conclamato del reintegro dei pedofili, finora curati con insuccesso nei 23 centri che citavamo sopra. Centri utili più che altro a far si che il sacerdote non sconti in carcere la pena e poi, come tra gli esempi nel documentario della BBC dello scorso febbraio, dopo averla scontata, venga tranquillamente reintegrato a contatto con minori, nelle parrocchie.

Anche qui il Cardinale Zuppi è stato irremovibile e opposto alle affermazioni odierne di papa Francesco sulla tolleranza ZERO. Per Zuppi (Cei), ZERO tolleranza ZERO: i sacerdoti pedofili hanno il diritto alla riabilitazione e, dopo la pena, di tornare alla loro missione pastorale.

Non è restato che rispondere, “contenti i fedeli, per noi l’importante non li mettiate nuovamente vicino ai bambini“.

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