Prima di analizzare il report la critica ad un “report sulla pedofilia del clero” che un report non è, che inizialmente era già parziale nel raccogliere i soli dati dal 2000 a oggi (come fatto notare a maggio al Presidente Zuppi) provenienti all’epoca solo dalla Congregazione per la Dottrina della fede e dagli sportelli diocesani.  Invece troviamo un report parecchio più limitato, al limite del ridicolo. Solo due anni, dal 2020 al 2022, con solo i dati degli sportelli Diocesani.

Sono esclusi dal report quindi tutti i casi (sempre di sacerdoti italiani) denunciati alla magistratura o all’associazione o direttamente alla CDF.

Nessun accenno a indennizzi e nessun supporto per le vittime. Solo il 14% delle diocesi risulta dal report, avere almeno quello psicologico. Per i sacerdoti invece 23 strutture sul territorio che li assistono e spesso li sottraggono anche al carcere.

Nessun accenno di collaborazione con l’Autorità Giudiziaria, tranne ovviamente quando vengono indagati e sono costretti a farlo per ordine di un pubblico ministero o un giudice.

Non si sa chi o almeno dove siano i preti e laici citati, se e quali provvedimenti sono stati effettivamente presi, facendo presente che per i laici che nel report come vedrete risultano più dei preti, la chiesa non può imporre controllo ed il tutto si riduce a mera omertà.

Si parla di collaborazione con associazioni esterne, ma non con quella italiana delle vittime. Nemmeno con il Coordinamento Italy Church Too che le sostiene e che più volte ha scritto alla CEI senza mai ottenere risposte.

Anche in difetto i dati sono comunque allarmanti.

Se contiamo che sono stati raccolti nei due anni durante i quali l’ accesso agli sportelli è stato limitato per via del COVID e mancano i casi denunciati alla magistratura e alle associazioni, qui si parla di 89 casi segnalati tra il 2020 e il 2021 (manca il 2022). Come sottolinea il report (PrimoReport_Sintesi- PrimoReport_integrale) “Le segnalazioni fanno riferimento a casi recenti e/o attuali (52,8%) e a casi del passato (47,2%)”.

Possiamo quindi dire che almeno 45 casi siano quelli recenti (2020 – 2021), circa 2 casi al mese, che a noi non sembrano pochi.

Inoltre, secondo il report CEI, l’effetto della mancanza del certificato antipedofilia dal quale l’Italia ha sollevato il volontariato e che da anni denunciamo la pericolosità di quel vuoto – in quanto incentiva i predatori ad inserirsi in quegli ambienti, ancor più nella chiesa che per via della paura dello scandalo se succede qualcosa non querela – parrebbe sempre secondo il report darci ragione, il dato batte i laici della Francia e in Italia supera i preti.

Si legge; “Il profilo dei 68 presunti autori di reato evidenzia soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni all’epoca dei fatti, in oltre la metà dei casi. Il ruolo ecclesiale ricoperto al momento dei fatti è quello di chierici (30), a seguire di laici (23), infine di religiosi (15). Tra i laici emergono i ruoli di insegnante di religione; sagrestano; animatore di oratorio o grest; catechista; responsabile di associazione.”.

Forse non è così casuale che la CEI voglia introdurre sotto forma di corsi anche nelle scuole cattoliche questo sistema di monitoraggio.

In sintesi si conferma quanto le vittime avevano già potuto apprendere nella scorsa estate attraverso gli incontri avuti con il presidente della CEI Matteo Zuppi e che già all’epoca avevano interrotto per l’assenza di spazi di dialogo da parte della chiesa italiana, nelle proposte per nulla interessata alle vittime.

Il report conferma una mera propaganda degli sportelli diocesani, utili alla chiesa, ma pericolosissimi per le vittime, oltre che inutili, come abbiamo già dettagliato in passato.

Il vero responsabile resta in Italia lo Stato, l’unico in Europa a non essersi mai pronunciato oltre che inadempiente, come conferma anche il Comitato per i diritti dell’infanzia del l’ONU.

L’Italia inadempiente denunciata per la seconda volta all’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite

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