Il sottoscritto, Sig. Francesco Zanardi, nato a Torino il 19 Luglio 1970, CF ZNRFNC70L19L219W, premesso che agisce nel presente atto in qualità di Presidente pro tempore delle ONG Rete L’ABUSO – Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero – CF 92109400090; Rete L’ABUSO – Human Rights Connct EDV/ETS (Registro nazionale) – C.F. 92111440092
PREMETTE
L’esponente e l’Associazione in epigrafe attraverso la Petizione n. 1238/2010 ritenuta dall’Ufficio procedibile, sollevò alcune perplessità sull’attuazione pratica in Italia della direttiva europea 2010/0064 ritenendo che se pur innovativa, nell’applicazione italiana ostacolata da carenze dovute al disallineamento del paese con gli standard imposti dalle convenzioni internazionali ai quali la stessa si appoggiava; termini di prescrizione troppo brevi ad ostacolo del perseguimento dei reati; necessità di estendere l’obbligo della denuncia a tutti i cittadini; necessità di un obbligo di trattamento e monitoraggio per i detenuti; necessità di un database nazionale di pubblico accesso.
L’Ufficio, dopo aver esaminato la petizione riteneva conclusa l’esamina e archiviava motivando con alcuni passaggi che sottolineiamo:
“La direttiva fornisce un sostanziale contributo alla tutela dei minori contro l’abuso sessuale, in particolare relativamente alle questioni sollevate dal firmatario:
– gli Stati membri sono obbligati a perseguire i reati di abuso sessuale sui minori per un periodo di tempo sufficiente successivamente al raggiungimento della maggiore età da parte della vittima, che risulti commisurato alla gravità del reato in questione;
– gli Stati membri sono obbligati a garantire che le norme di riservatezza imposte a determinate categorie professionali principalmente correlate ai minori non costituiscano un ostacolo per la denuncia degli abusi, nonché di incoraggiare chiunque sia a conoscenza di un abuso, o ne abbia il sospetto, a denunciarlo ai servizi competenti. Tale disposizione integra l’obbligo generale di denuncia di un crimine presente nella legislazione nazionale;
– gli Stati membri sono obbligati a garantire la disponibilità di programmi o misure d’intervento efficaci, al fine di prevenire e minimizzare i rischi di reiterazione dei reati, nonché l’accesso a tali programmi da parte dei detenuti per reati sessuali a danno dei minori e degli imputati nei processi penali;
– rimuove gli eventuali ostacoli allo scambio di informazioni in materia di condanne e interdizione per reati sessuali contro i minori, nell’ambito dell’attuazione del sistema europeo d’informazione sui casellari giudiziari, al fine di garantire una maggiore affidabilità delle verifiche da parte dei datori di lavoro.
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Non sussiste alcuna distinzione per motivi religiosi, pertanto la legislazione nazionale di recepimento della direttiva deve essere interamente applicabile a qualsiasi cittadino soggetto alla giurisdizione degli Stati membri, compresi ì membri della Chiesa cattolica.
La Commissione ritiene che, contrariamente a quanto sostenuto dal firmatario, la direttiva sia estremamente utile per il rafforzamento della tutela dei minori contro l’abuso sessuale in Europa.
Gli Stati membri devono recepire la direttiva entro il 18 dicembre 2013. La Commissione sottoporrà una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio in merito all’attuazione di tali misure entro il 18 dicembre 2015.”
L’Italia con la legge 172/2012 ratifica la Convenzione di Lanzarote, il primo strumento internazionale con il quale si prevede che gli abusi sessuali contro i bambini siano considerati reati. Questa come sappiamo introduce una serie di importanti implementazioni in materia di reati sessuali alle quali i paesi si devono adeguare.
Dieci anni dopo la sua ratifica però vediamo vanificarsi in Italia per la sua inapplicabilità.
ESPONE
Il c.d. certificato anti pedofilia si è dimostrato nell’applicazione del legislatore italiano un vero boomerang in quanto lasciando scoperta in particolare tutta la fascia del volontariato, ha convogliato in quell’ambito tutti i predatori accertati, impossibilitati dal certificato stesso ad agire in altri contesti.
Situazione che si aggrava ulteriormente in tutte le realtà di associazioni, COOPERATIVE di servizi e confessioni religiose, esenti in Italia dall’esibizione del certificato, in quanto considerate volontariato o offerenti lavoro subordinato.
Realtà che, in questi casi, come è ben noto, tendono a gestire internamente il crimine prediligendo la tutela e il buon nome della propria immagine e questi gruppi di associazioni, non essendo pubblici ufficiali, in Italia sono esenti dall’obbligo della denuncia, che nei più dei casi – indotti dal vuoto legislativo – è omessa sistematicamente.
Certamente un incentivo ulteriore per il predatore, che trova al loro interno piu tutela nell’omissione della denuncia, qualora venisse denunciato.
L’ulteriore effetto collaterale, oltre le vittime prodotte, di cui puntualmente nessuno si fa carico in quanto si svelerebbe l’accaduto, è non segnalare l’abusante, limitandosi ad allontanarlo. Permettendo così, qualora non abbia precedenti, di introdursi anche in ambienti dove è necessario il certificato, vanificandolo ulteriormente. (link 1)
Lo scorso 17 novembre, la Conferenza Episcopale Italiana ha rilasciato a proposito un indicativo report sugli abusi sessuali all’interno del clero (all. 1) nel quale la stessa CEI indica che, dai dati pervenuti in due anni (2020 -2021) da soli 30 sportelli delle 166 diocesi italiane che li hanno promossi (circa il 73% del totale), i laici denunciati in ambito ecclesiastico sarebbero 23 dei 68 segnalati. Il 33,8%.
Proprio in materia, pochi giorni fa, Papa Francesco ha introdotto, integrando nel motu proprio del 2019 Vos Estis Lux Mundi, norme specifiche anche per i laici, le cui denunce però, per stesso volere del legislatore vaticano, resteranno rigorosamente interne quanto quelle dei sacerdoti, senza alcun obbligo quindi, di trasmissione alle Autorità del paese.
Anche in materia di audizione protetta rileviamo gravi violazioni e in alcuni casi violenze a danno delle vittime. E questo avviene purtroppo in ogni ambito di confessioni religiose e associative, anche quelle minori o al di fuori della chiesa cattolica, maggiormente citata unicamente per la quantità dei casi denunciati all’Associazione.
Sempre il motu proprio del 2019 introduceva i c.d. sportelli diocesani per le vittime di abusi sessuali e le persone vulnerabili. Uffici privi di consenso informato, inadeguati alla regolamentazione vigente in materia di privacy, ai quali la vittima accede senza neppure l’assistenza del proprio difensore di fiducia, non prevista. Si depone sottoscrivendo una denuncia/relazione spesso raccolta da sacerdoti o volontari che non hanno alcuna competenza e che tuttavia non agiscono in nome della legge dello Stato, ma in base al codice canonico che regolamenta questi sportelli e lo stesso Motu proprio, basato sul sesto comandamento del decalogo. Tutto senza dare copia alla vittima e senza sapere che uso ne sarà fatto.
Tutto praticamente sulla fiducia spesso indotta dalla fede.
In molte occasioni viene chiesto alle vittime di sottoporsi ad una perizia per conto dello stesso tribunale canonico, di cui anche in questo caso non verrà data copia dell’esito.
Come nel caso della denuncia in assenza del difensore, anche in questo caso la modalità è identica e da diverse testimonianze che ci pervengono attraverso i nostri assistiti – che in qualche caso scaltramente ne hanno registrato gli incontri – sentire il peritante accusare la vittima (nello specifico caso 11nne all’epoca dei fatti), colpevolizzandola per non essersi sottratta al prete. Come, ad esempio, nel caso specifico citato sopra e documentato con registrazione audio video, del nostro associato di Napoli, provocando un ricovero in psichiatria al malcapitato Arturo Borreli.
Come documentato all’allegato 6, da pagina 15. Qui il video delle violenze apparso nella famosa trasmissione di Mediaset – LE IENE – Accuse di pedofilia: come indaga la chiesa – malgrado la gravità, senza riscontri da parte degli organi istituzionali.
L’esito delle procedure canoniche, avviate presso gli sportelli diocesani, da quanto denunciano le stesse vittime e documenta l’Osservatorio permanente della Rete L’ABUSO, al di là dell’omissione sistematica della comunicazione alla magistratura, al di là della “pena” irrisoria data dalla chiesa – nel piu dei casi una sospensione dal sevizio – registriamo anche diversi casi dove, le condanne comunicate alle vittime risultano mendaci, tanto da ritrovare il prete condannato a 5 anni di sospensione, dirigere due parrocchie insieme al fratello, accusato anch’esso di stupro ai danni di un’invalida (link 1).
Registriamo anche diversi tentativi, documentabili, di comprare, attraverso accordi tra le parti con il vincolo della riservatezza, il silenzio delle vittime. In genere 25.000€ non a titolo di indennizzo ma per non rivelare l’accaduto a nessuno, lasciando quindi il sacerdote libero di continuare (link 2). In altri casi, molti meno, l’accordo tra le parti è strumento per evitare che, durante il processo il prete o la diocesi si trovino contro la vittima e le parti civili. (link 3)
Naturalmente l’Associazione scrivente ha più volte denunciato queste circostanze al Garante e sul territorio, e tramite i legali delle vittime approdati nei tribunali italiani, grazie alle querele, senza però ottenere riscontri.
Il 1° febbraio scorso, a seguito del report della Conferenza Episcopale Italiana, le vittime raccolte nella Rete L’ABUSO – che va tristemente fatto notare è l’unica associazione in Italia che dà voce ai sopravvissuti agli abusi sessuali del clero offrendo un’assistenza legale – hanno prodotto un contro report per dimostrare, non solo quanto gravi fossero i dati di soli 2 anni diffusi dalla stessa CEI ma per dare un’immagine più chiara del panorama italiano che l’associazione, con i dati in suo, possesso ha censito in modo, se pur incompleto, a ritroso dei 13 anni di presenza sul territorio (Report completo all. 2).
Il report contiene 418 sacerdoti accusati, censiti attraverso le denunce dei nostri associati. Numeri, certamente, in difetto rispetto all’entità reale del fenomeno in Italia, che stando agli studi accreditati in materia, come quello di Richard Sipe, avrebbero un potenziale di 29.260 vittime minorenni.
Il report, con i dati suddivisi per Regione, è stato doverosamente trasmesso alla Procura Generale della Repubblica lo scorso 16 febbraio, nell’ottica di un intervento preventivo che spingesse l’Autorità Giudiziaria all’acquisizione dei nominativi, molti mai denunciati alle autorità, procedendo d’ufficio (come accaduto in Spagna nell’assenza di iniziative governative).
Ma ad oggi questo non è accaduto.
Importante notare che l’Associazione, in assenza di canali percorribili che permettano la comunicazione dei casi all’AG, è stata costretta per sua tutela, a non comunicare l’elenco dei nomi. E questo perchè si sarebbe esposta alla possibilità di querela da parte di chi segnalato, trovandosi poi costretta, per difendersi, a coinvolgere gli stessi querelanti, in molti casi in procedimenti per loro prescritti, e per ciò non denunciati all’AG. Si è evitata in questo caso l’inutile alternativa (indicativa del problema) soprattutto per non creare ulteriore danno alle vittime ed evitare una riesumazione del trauma, di fronte al quale poi non avrebbero avuto alcun supporto psicologico.
Dunque l’Associazione, pur mettendo a disposizione l’elenco, in assenza di altri canali percorribili di segnalazione ai fini preventivi, è costretta a sperare che l’AG li acquisisca convocandoci.
Il 28 febbraio 2019, nell’80° sezione, sedute del 23 e 24 gennaio, il Comitato per la tutela dell’infanzia delle Nazioni Unite esaminava il reclamo relazionato dall’Associazione in epigrafe (all. 3) durante il rapporto periodico dell’Italia esprimendo a riguardo le seguenti conclusioni;
“21. Accoglie favorevolmente il piano nazionale per la prevenzione e la lotta contro gli abusi e lo sfruttamento sessuale dei bambini 2015-2017 e la rivitalizzazione dell’Osservatorio per contrastare la pedofilia e la pornografia infantile, il Comitato è preoccupato per i numerosi casi di bambini vittime di abusi sessuali da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica nel territorio dello Stato Membro e per il basso numero di indagini criminali e azioni penali da parte della magistratura italiana. Con riferimento alle sue precedenti raccomandazioni (CRC / C / ITA / CO / 3-4, par. 75) e al commento generale n. 13 (2011) sul diritto del bambino alla libertà e contro tutte le forme di violenza nei suoi confronti e prendendo atto dell’Obiettivo 16.2 per lo Sviluppo Sostenibile, il Comitato raccomanda all’Italia di:
(a) Adottare, con il coinvolgimento attivo dei bambini, un nuovo piano nazionale per prevenire e combattere l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei bambini e assicurarne l’uniforme implementazione su tutto il suo territorio e a tutti i livelli di governo;
(b) Istituire una commissione d’inchiesta indipendente e imparziale per esaminare tutti i casi di abuso sessuale di bambini da parte di personale religioso della Chiesa Cattolica;
(c) Garantire l’indagine trasparente ed efficace di tutti i casi di violenza sessuale presumibilmente commessi da personale religioso della Chiesa Cattolica, il perseguimento dei presunti autori, l’adeguata punizione penale di coloro che sono stati giudicati colpevoli, e il risarcimento e la riabilitazione delle vittime minorenni, comprese coloro che sono diventate adulte;
(d) Stabilire canali sensibili ai bambini, per i bambini e altri, per riferire sulle violenze subite;
(e) Proteggere i bambini da ulteriori abusi, tra l’altro assicurando che alle persone condannate per abuso di minori sia impedito e dissuaso il contatto con i bambini, in particolare a livello professionale;
(f) Intraprendere tutti gli sforzi nei confronti della Santa Sede per rimuovere gli ostacoli all’efficacia dei procedimenti penali contro il personale religioso della Chiesa Cattolica sospettato di violenza su minori, in particolare nei Patti Lateranensi rivisti nel 1985, per combattere l’impunità di tali atti;
(g) Rendere obbligatorio per tutti, anche per il personale religioso della Chiesa Cattolica, la segnalazione di qualsiasi caso di presunta violenza su minori alle autorità competenti dello Stato Membro;
(h) Modificare la legislazione che attua la Convenzione di Lanzarote in modo da garantire che non escluda il volontariato, compreso il personale religioso della Chiesa Cattolica, dai suoi strumenti di prevenzione e protezione.” al paragrafo 21 le osservazioni conclusive (all. 4)
A precedere il reclamo della Rete L’ABUSO all’ONU, una interrogazione parlamentare dell’Onorevole Matteo Mantero – senza risposta (link 3), una successiva diffida da noi inviata agli organi di Governo italiano – senza risposta (all. 5), una denuncia depositata presso la Procura della Repubblica di Savona – archiviata malgrado sussistesse la procedibilità d’Ufficio (all. 6 – alleghiamo solo corpo del testo centrale depositato per motivi di ampiezza del fascicolo, integralmente disponibile dal nostro datacenter, accedendo a https://retelabuso.eu/index.php/s/Ls6g3aiQ9ZSc53c), password xxxxxxx.
La recente commissione d’inchiesta CIASE ha ravvisato che in Francia, in un arco temporale di circa 70 anni, ben 3000 sacerdoti cattolici abbiano abusato sessualmente di 216.000 minori. Non è noto per quante volte. Secondo la Commissione CIASE, aggiungendo l’indotto cattolico, il numero di vittime raggiungerebbe le 330.000.
Tuttavia, tenendo conto delle “sole” 216.000 vittime dei 3000 religiosi, ogni sacerdote cattolico francese avrebbe abusato, mediamente, di 72 bambini. Un dato che va indubbiamente ben oltre la media dei reati attribuibili in ambito laico.
La Francia ha mantenuto nei 70 anni in esame circa 2/5 dei sacerdoti che ha avuto l’Italia, e se anche l’Italia segue la statistica percentuale come in Francia e negli altri paesi, e non vi è motivo di pensare non sia così, è verosimile quindi che più di 7.000 sacerdoti italiani risultino pedofili. Come confermerebbero anche le proiezioni redatte dal collega Mark Vincent Healy (link 4): il potenziale di vittime in Italia sarebbe pari a circa un milione.
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L’Associazione Rete L’ABUSO, unico punto di riferimento e di supporto concreto per i sopravvissuti agli abusi del clero, oggi unica realtà in assenza dello Stato a monitorare il fenomeno sul territorio, è fortemente preoccupata. Non solo per i dati e la situazione che ci perviene attraverso i nostri assistiti ma, molto di più, per la sistematica inerzia dello Stato Membro, che da dodici anni, (per quanto possiamo documentare), è in cortocircuito nelle leggi e inadempiente verso l’interesse superiore del minore. Indifferente non solo alle varie istanze dei nostri avvocati, ma alle stesse interrogazioni parlamentari o alle raccomandazioni degli organi sovranazionali come nel caso delle Nazioni Unite.
Si aggiunge che, al momento, il livello di consapevolezza tra la popolazione è insufficiente per permettere agli adulti di tutelare i minori e intervenire e non esistono canali affinché i bambini possano comprendere quei comportamenti non consoni da parte degli adulti e segnalarli.
Non meno preoccupante la situazione dell’informazione nel paese, da diversi anni unilaterale ed omissiva della realtà che contorna questo tipo di notizie. Entrando nel merito specifico della chiesa, l’informazione risulta tanto parziale che in Italia pare non esistere un effettivo problema. Secondo la stampa il problema è risolto dalle leggi vaticane e dalla CEI, omettendo che queste nulla valgono sul territorio. Tutto puntualmente privo di contraddittorio da parte delle vittime o associazioni che puntualmente vengono negate nell’esistenza. Tutto nella costante l’assenza del contesto generale.
Premesso questo, l’Associazione Rete L’Abuso
CHIEDE
Limitati sforzi sono stati fatti per mettere in grado i fanciulli in ambito di società civile, volontariato e istituzioni religiose, di proteggere se stessi dall’abuso sessuale. Oggi lo Stato membro non è in grado di garantire ai cittadini dell’Unione di circolare con stessi diritti al suo interno e garantirne quei parametri di tutela fondamentali:
quali iniziative l’Unione Europea ha intenzione di mettere in atto al fine di prevenire e reprimere il fenomeno degli abusi sessuali nello Stato membro;
se intenda assumere iniziative normative volte ad estendere l’obbligo della denuncia a tutti i cittadini e di richiedere il cosiddetto certificato antipedofilia per tutte le categorie oggi esenti, che vengono a contatto con minori, anche per attività di volontariato o dove non è previsto un rapporto di lavoro subordinato;
se e di quali elementi statistici disponga il Governo italiano circa i procedimenti, definiti e ancora pendenti, nelle procure della Repubblica per reati sessuali contro minori, compresi quelli che vedono indagati o imputati ministri di culto;
se e quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, nell’ambito dei rapporti bilaterali con la Santa Sede, al fine di valutare l’opportunità dell’istituzione di un fondo per i risarcimenti a favore delle vittime dei reati di molestie e abusi sessuali perpetrati da ministri di culto in Italia;
se e quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, nell’ambito dei rapporti bilaterali con la Santa Sede, per promuovere il rafforzamento dello scambio di informazioni ovvero per introdurre strumenti di cooperazione finalizzati alla prevenzione e repressione dei reati di molestie e abusi sessuali perpetrati da ministri di culto in Italia.
Fine della Petizione —————————————————————————————————————
Il Presidente
Francesco Zanardi
ALTO COMMISSARIATO PER I DIRITTI UMANI – alla c.a. del Comitato per i diritti dell’infanzia – CRC
PROCURA GENERALE della REPUBBLICA Presso la CORTE di CASSAZIONE – Roma
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