Un Motu proprio che ha cambiato aspetto dal 2019, quando il Vaticano presentò la prima versione ad experimentum per tre anni, oggi semplicemente allargata al problema dei moderatori laici delle associazioni di fedeli, ossia ai capi (o ex capi) laici di nuove comunità. Di fatto un’altra struttura criminale ed omissiva quanto la CEI, ma questa volta estesa ai laici nel clero.
Come abbiamo scritto più volte in precedenza e come emergerebbe anche nel 1° report CEI, la conferma del fatto che la chiesa italiana, grazie ai vuoti legislativi che il governo garantisce, sia diventata oltre ai propri preti, un ricettacolo di pedofili, anche laici. Questi ultimi attratti e incentivati dal fatto che il timore dello scandalo induce il clero ad allontanare il pedofilo, ma non a denunciarlo alle autorità, fornendo in sostanza un’ulteriore tutela a chi necessita per saziare la devianza di bambini.
Solo in Italia i casi di religiosi e non, spostati o ridotti allo stato laicale e coperti dal clero senza informare i fedeli e le autorità civili sono moltissimi, da don Gianni Trotta, il cui caso fu taciuto per timore di “agitare i fedeli” dall’uscente prefetto della CDF Francisco Ladaria (capo dell’organo vaticano che in teoria dovrebbe vigliare), che gli permise nel frattempo – ancora prete agli occhi dei fedeli inconsapevoli – di abusare di altri dieci minori. Il recente caso di don Calcedonio Di Maggio, molto simile e nuovamente alla sbarra per abuso di minore e induzione alla prostituzione. Tanti altri casi sono facilmente recuperabili su internet…
Una cultura autoreferenziale e barbara di una Chiesa (senza prole) che mente ai fedeli, rassicurandoli per l’incolumità dei figli affidati al clero, di cui poi nei fatti non gli importa, tranne per una questione di immagine pubblica, almeno fino a prova contraria.
Nei fatti la politica della chiesa verso le vittime non è mai cambiata, neppure con il Motu proprio di Francesco; ancora omissivo di denuncia alle autorità civili; ancora senza alcun indennizzo o aiuto per i sopravvissuti; ancora vantaggioso solo per il clero e i laici pedofili.
Ma vediamo meglio, a distanza di cinque anni dall’introduzione del Motu proprio che cosa emerge dai dati che abbiamo ricevuto da tutta Italia.
Va detto che l’introduzione degli sportelli diocesani in Italia grazie a uno Stato complice, è stata un autogol che ha portato inizialmente molti cattolici a fidarsi e denunciare gli abusi. Purtroppo però scontenti, in seconda istanza si sono rivolti alla Rete L’ABUSO, denunciando e documentando l’insoddisfazione e gli insabbiamenti; spesso anche il tentativo di comprare il loro silenzio; l’inesistenza di provvedimenti seri nei confronti dei sacerdoti accusati e riciclati di nascosto malgrado la condanna canonica, come nel caso milanese dei fratelli don Lucchina.
Si documenta addirittura che chi scrive ai vescovi per segnalare abusi viene intimidito e minacciato di querela. Ma la vera novità è che stanno rivolgendosi alla Rete L’ABUSO anche moltissimi sacerdoti. Un numero davvero impressionante, mai visto in 13 anni di attività dell’associazione, un tempo discriminata da un clero fidiucioso degli appelli a vuoto del Papa.
Chi chiede aiuto perché il vescovo gli ha mandato un collega pedofilo condannato in parrocchia dicendo “te lo devi tenere, stacci tu attento!”; chi invece denuncia gli stupri subiti da altri sacerdoti in seminario e l’omertà del vescovo dopo la denuncia; chi ci riferisce invece quanto accade nelle varie diocesi e l’omertà del vescovo di fronte ai fatti e alle denunce degli stessi sacerdoti.
Ma questo non ci stupisce anzi, è molto favorevole in quanto anche i sacerdoti perbene prendono finalmente consapevolezza delle disastrose e farlocche misure interne, della cattiva gestione della CEI e le denunciano fornendo informazioni che prima non eravamo in grado di documentare.
Notiamo anche che a differenza di quanto dice il Motu proprio, quasi nessun caso arriva alla Congregazione per la dottrina della fede, ed è proprio un sacerdote che ci spiega l’anomalia.
Bugia, o semplice incapacità di gestione?
Il prete mi spiega “Caro Zanardi, i casi che arrivano in CDF, sono solo quelli coperti da vescovi non più in carica in quella diocesi, un modo per il nuovo vescovo, di togliersi il problema creato dal predecessore facendo bella figura con i fedeli”..
Spiega che “I vescovi in carica, quando hanno un caso lo gestiscono internamente, presso il tribunale diocesano. Di certo non lo mandano alla CDF, anzi, posso dirti che in alcuni casi trattati, come quello di don X (non citiamo per tutela della fonte), di cui ho conoscenza diretta, ebbene il vescovo è stato costretto a ricevermi per conto di CDF, ma al momento in cui ho voluto sentire il prete accusato, il vescovo lo ha impedito ed io non ho potuto oppormi.”
“Devi capire che i vescovi hanno totale autonomia sul territorio della diocesi. Possono impedire anche a CDF di occuparsi dei casi o di accedere ai fascicoli. Malgrado sembrino molti i casi che riceve CDF ogni anno da tutto il mondo, in realtà questi sono la minima parte.”
“Il fatto che molte diocesi non hanno realizzato gli sportelli diocesani è proprio per questo motivo; la loro assoluta autonomia di gestione del territorio”.
Un sistema che stando al Motu proprio di Francesco, con la scusa delle indagini e della prevenzione indica al vescovo che attualmente ha in carico il sacerdote denunciato, di segnalare la cosa anche ai vescovi/diocesi che lo hanno avuto in carico in precedenza. Un sistema di insabbiamento molto più ampio di prima, che omette alle autorità civili e anche alla CDF le denunce dei casi.
In una recente intervista, dopo le lamentele fatte agli inquirenti da parte del Presidente della CEI Matteo Zuppi, è lo stesso Procuratore di Tivoli Francesco Menditto, a definire la condotta dell’autorità ecclesiastica “di omertà ambientale, molto simile a quella mafiosa“. Il procuratore continua commentando che “Alle accuse di abusi a carico di un insegnante di religione di Tivoli, pervenute all’autorità ecclesiastica nel 2019 e nel 2021 e di cui la diocesi non avrebbe tenuto opportunamente conto. Tanto che quando il caso e arrivato all’attenzione delle forze dell’ordine, le ricostruzioni sarebbero state incomplete e inutilizzabili per un’indagine.”
Malgrado i presunti buoni propositi di papa Francesco, certo non si può dire ne abbia azzeccata per ora neppure una, tuttalpiù, ha una spiccata tendenza a circondarsi di personaggi ambigui come la nuova nomina di Tucho Fernandez, l’«esperto di baci» scelto da Papa Francesco come nuovo Prefetto della CDF, in sostituzione di Ladaria.
L’ex arcivescovo di La Plata in Argentina, forse preferito agli altri per non aver mosso un solo dito in favore delle vittime sordomute della succursale italiana dell’Istituto Provolo argentino, i cui accusati a La Plata ora sono rientrati in Italia, a Verona, presso la casa madre dell’istituto pedofilo per sordi.
Di certo cosa buona e giusta per la chiesa che non ha dovuto risarcire le vittime.
SCENA MUTA CEI – Suetta invoca la censura alla stampa locale, subito in “camera caritatis”…
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