“Saluto il Vescovo di Piazza Armerina, Monsignor Rosario Gisana: bravo, questo Vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo; è un bravo Vescovo.”
Che sia stata un’incredibile gaffe come accadde in Cile non vi è dubbio, ma come in Cile e ancor di più adesso, in virtù del motu proprio che lo stesso Papa Francesco ha voluto, questa volta le scuse andrebbero doverosamente fatte ai sopravvissuti di Enna, che ancora attendono risposta alle loro lettere.
Ma non basta!
Se si vuole essere credibili si deve applicare il Motu proprio vos estis lux mundi voluto dal Papa in nome della tolleranza zero, sopratutto nella parte in cui parla dei vescovi insabbiatori, procedendo nei confronti del Vescovo Rosario Gisana che come emerge anche nel podcast “La confessione”, intercettato dagli inquirenti è lui stesso ad ammettere non solo di avere insabbiato il caso di don Giuseppe Rugolo, ma a suo dire l’esistenza di altri casi ben peggiori, di cui si meraviglia non siano ancora esplosi pubblicamente.
Anche le motivazioni della sentenza di condanna di don Rugolo evidenziano senza dubbi una poco lodevole gestione del caso da parte del vescovo Gisana.
Come la reazione degli stessi ennesi che abbandonando la messa manifestano “Non accetto prediche da chi copre un abuso”.
Un segnale forte sopratutto per l’Italia, non abituata a queste azioni.
Un atto dovuto. Il minimo per dimostrare un po’ di credibilità alle dichiarazioni o, almeno l’intenzione di voler provare a sanare il problema della pedofilia nella chiesa.
Intenzione fino a oggi dichiarata a gran voce in articoli di giornale, ma mai applicata nella sua concretezza.
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